Omesso avvio della mediazione e conferma del decreto ingiuntivo opposto.

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 Tribunale di Nola, sentenza 03.03.2016

Commento a cura dell’avv. Aldo Corcioni. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di avvio della mediazione è a carico del debitore ingiunto.

A queste conclusioni perviene il Tribunale di Nola che avallando l’indirizzo interpretativo espresso di recente dalla Suprema Corte nella sentenza n. 24629/2015, ha confermato il decreto opposto in quanto risultava dagli atti che il debitore opponente non aveva dato avvio alla mediazione nei termini di legge assegnati.

Per il giudice, avendo il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo natura impugnatoria, con la mancata proposizione dell’istanza di mediazione ciò che diviene improcedibile è la domanda proposta con l’atto di citazione in opposizione con cui si chiede la revoca del decreto ingiuntivo e non già la domanda proposta dall’opposto nel ricorso per decreto ingiuntivo.

Non può considerarsi correttamente esperita la mediazione obbligatoria senza l’assistenza dell’avvocato

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Tribunale di Torino, sentenza 30.3.2016

Commento a cura dell’avv. Guido Trabucchi. Nella mediazione la parte deve essere assistita dall’avvocato, secondo quanto dispone l’art. 5 comma 1 bis del D.Lgs. 28/2010. Ne consegue che l’assenza del legale inficia il corretto esperimento della mediazione e rende improcedibile la domanda giudiziale.

A questa conclusione giunge il Tribunale di Torino in una lite promossa da una società privata contro una banca per ottenere la restituzione di somme illegittimamente incassate dall’istituto di credito.

Nel corso della mediazione la parte attrice si presentava con il solo consulente di parte e la banca sollevava l’eccezione di improcedibilità della domanda giudiziale, in quanto la mediazione non si era validamene svolta per l’assenza del legale della controparte.

Il giudice, facendo applicazione dell’art. 5 comma 1 bis, secondo cui nella mediazione è richiesta necessariamente l’assistenza dell’avvocato, accoglieva l’eccezione della banca e dichiarava la domanda improcedibile, condannando l’attrice al pagamento delle spese di causa.

Limiti del principio di effettività e della domanda riconvenzionale in mediazione

images Tribunale di Verona, ordinanza 24.3.2016

Commento a cura dell’avv. Simone Tagliaferro. La domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto e quella proposta dal terzo in giudizio nelle materie di cui all’art. 5 comma 1 bis D.lgs. 28/2010, non soggiacciono alla mediazione obbligatoria.

A tale conclusione giunge il Tribunale di Verona che pur dando atto dell’esistenza di due opposti orientamenti, propende per la tesi negativa secondo cui è solo la domanda proposta dall’attore ad essere assoggettata all’obbligo della mediazione (tra tutte, Trib. Palermo, 11/7/2011 e Trib. Reggio Calabria 22/4/2014).

Le ragioni sono molteplici e risiedono:  A) nell’esigenza di interpretare l’art. 5 D.Lgs. 28/10 alla luce dei principi: 1) della ragionevole durata del processo; 2) di efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale rispetto alle norme di deroga alla giurisdizione alla luce dell’art. 24 Cost.; 3) di equilibrio nella relazione tra procedimento giudiziario e mediazione come espresso dalla Direttiva 2008/52/CEE; B) nell’esigenza di rispettare l’autentica finalità dell’istituto mediatorio che è marcatamente deflattiva, tenuto conto che, rispetto alla domanda riconvenzionale, l’esperimento della mediazione “…non sortirebbe l’effetto di chiudere il giudizio in corso”, poiché “…non è generalmente idoneo, dopo il fallimento del procedimento di mediazione sulla domanda principale, a porre fine al giudizio” (Trib. Palermo, cit.); C) nell’esigenza di evitare la formulazione di domande riconvenzionali ‘strumentali’ al solo fine di imporre al giudice l’invio in mediazione, con conseguente allungamento dei tempi processuali anche per la definizione della domanda principale ovvero la separazione della domanda riconvenzionale da quella principale.

Il Tribunale scaligero prende posizione anche su un’altra questione di notevole e attuale interesse che riguarda il principio di effettività, ovvero il necessario (o meno) superamento del primo incontro informativo, considerato che, nel caso in questione, l’attore presente al primo incontro, dopo aver ascoltato il mediatore illustrare la funzione della mediazione, si rifiutava di procedere oltre.

Anche in tal caso, pur dando atto della presenza di due opposti orientamenti giurisprudenziali, il giudice ritiene di sposare la tesi negativa, secondo cui la mediazione si intende correttamente esperita con la sola partecipazione personale delle parti e dei rispettivi avvocati al primo incontro informativo, non richiedendo la norma il superamento di detta fase.

Difatti, continua il giudice, l’effettività della mediazione si realizza sic et simpliciter nel mettere le parti nella condizione di prendervi parte, all’interno della cornice procedimentale che la legge predispone come obbligatoria, senza che il perseguimento dello scopo dell’effettività della mediazione possa essere ‘forzato’ sino al punto di ritenere non assolta la condizione di procedibilità anche quando la parte, all’esito del primo incontro con il mediatore, rifiuti di proseguire con la mediazione manifestando la chiara e ferma volontà che la controversia sia conosciuta dall’autorità giudiziaria.

Per il giudice, bisogna riconoscere che la partecipazione effettiva della parte al procedimento di mediazione è, e resta, un fatto sostanzialmente incoercibile e non sanzionabile se non sul piano delle spese legali e potendo le parti, in ogni momento del procedimento, sottrarsi alla mediazione sopportandone le conseguenze processuali ma non in chiave di improcedibilità della domanda.

La consulenza tecnica in mediazione viene suggerita dal giudice

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Tribunale di Roma, ordinanza 4.4.2016

Commento a cura del dott. Fabio Felicini. Quando la controversia involge questioni tecniche, le parti possono avvalersi della consulenza di un esperto già durante lo svolgimento della mediazione. A tale conclusione giunge il Tribunale di Roma, che nell’ambito di una controversia vertente su un sinistro stradale, suggeriva alle parti l’opportunità di nominare già in mediazione un professionista tra quelli iscritti agli albi del tribunale e la cui attività, se espletata da un consulente serio e preparato, può conservare utilità nel successivo processo (purché siano rispettate alcune regole fondamentali ed in particolare quella del contraddittorio e l’esclusione del riferimento a dichiarazioni delle parti in mediazione).

In caso di mancato accordo, le parti possono fissare a verbale le proprie posizioni al fine di consentire l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale ai sensi degli artt.91 e 96 III° cpc .

Nelle controversie con gli enti pubblici le parti possono nominare un consulente tecnico durante la mediazione

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Tribunale di Roma, ordinanza 10.3.2016.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. L’ente pubblico ha l’obbligo di partecipare al procedimento di mediazione, fermo restando che la condotta va procedimentalizzata e fissati i parametri entro cui deve condurre le trattative.

L’assenza ingiustificata e quindi la conseguente condanna dell’ente al pagamento di una somma pari al contributo della causa ed eventualmente ex art.96 cpc, può invece causare un danno erariale all’ente ed esporre il funzionario ad azioni di responsabilità.

Se durante la mediazione emergono questioni puramente tecniche, al fine di facilitare il bonario componimento, le parti potranno convenire nella nomina di un consulente per l’accertamento dell’ammontare del danno, ben sapendo che anche in caso di mancato accordo la consulenza conserva utilità nel successivo processo.

In tal modo, tutte le parti potranno pervenire rapidamente ad una conclusione per loro vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale.

 

Nella mediazione civile non si applica la disciplina dell’interruzione del processo

imagesTribunale di Roma, ordinanza 15.02.2016.

Commento a cura dell’avv. Guido Trabucchi. Durante lo svolgimento della mediazione delegata, sopravveniva il decesso del convenuto e il mediatore dava atto dell’impossibilità a procedersi, dichiarando la chiusura della mediazione.

Successivamente, gli eredi del convenuto riassumevano la causa ed eccepivano l’improcedibilità dell’azione per non aver l’attrice dato corso regolarmente al procedimento di mediazione che, invece, a loro dire, avrebbe potuto svolgersi con la convocazione degli eredi.

L’eccezione veniva rigettata dal giudice che riteneva non applicabile alla mediazione la disciplina dell’interruzione di cui all’art. 299 e ss. cpc, e ciò sia perché non vi è alcuna norma del decr. lgsl. 28/2010 che lo preveda, sia perché ammettere una trasposizione generalizzata nel corpo della mediazione delle norme processuali, contrasta apertamente con l’informalità che ispira, per espressa volontà di legge, il procedimento di mediazione.

L’accordo raggiunto in mediazione soddisfa aspetti che non troverebbero spazio nel processo

imagesTribunale di Milano, ordinanza 17.02.2016.

Commento a cura dell’avv. Aldo Corcioni. Nella gestione delle liti la soluzione ricercata deve essere veloce ed economica. Tali presupposti possono trovare una migliore soddisfazione nella mediazione civile, in cui le parti possono giovarsi della visione di un mediatore libero di valutare e sottoporre profili che la decisione del giudice potrebbe invece non considerare e che l’istruttoria potrebbe non chiarire, dovendo applicarsi le norme processuali.

Durante la mediazione, le parti devono essere presenti personalmente con i rispettivi difensori e superare il primo incontro informativo.

 

Lite tra banca e fallimento: il giudice di appello manda tutti in mediazione.

imagesCorte di Appello di Milano, ordinanza 22.3.2016.

Commento a cura del dott. Luigi Butti. Il giudice di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione secondo quanto prevede l’art. 5 d.lgs. 28/2010.

Nel caso in questione, una vicenda commerciale relativa ad una cessione di crediti, la Corte invitava il fallimento e l’istituto di credito a percorrere la strada della mediazione civile, vista l’insussistenza di significativi squilibri d’interesse tra le parti e di particolari esigenze a ottenere un’interpretazione autorevole della legge o un precedente vincolante.

L’istanza di mediazione facoltativa sospende il termine annuale di decadenza entro cui promuovere ricorso per la reintegrazione del possesso

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Tribunale di Perugia, ordinanza 2.3.2016

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. L’art. 5 comma 6 del D.Lgs. 28/2010, secondo cui “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale…” si applica alla mediazione obbligatoria e a quella facoltativa.

A questa conclusione giunge il Tribunale di Perugia, sul ricorso per la reintegrazione del possesso promosso da una condomina che lamentava lo spoglio del proprio posto auto ad opera di un altro condomino.

Il ricorso veniva depositato ben oltre il termine perentorio annuale decorrente dal primo atto di spoglio subìto, ma successivamente al tentativo di mediazione facoltativo che il ricorrente aveva vanamente esperito.

Per i giudici, il ricorso è tempestivo poiché l’avvio della mediazione facoltativa ha sospeso il termine di decadenza annuale entro cui promuovere il ricorso giudiziario, termine che riprende a decorrere dal momento del deposito del verbale che dichiara conclusa la mediazione.

Non c’è ragione, conclude il tribunale, per escludere l’applicazione dell’art. 5 comma 6 cit. nella mediazione facoltativa, considerato che la norma incoraggia il deflazionamento del contenzioso giudiziario attraverso il ricorso a forme extragiudiziali di risoluzione delle liti, obiettivo in buona parte irraggiungibile ove le parti sapessero sin dall’inizio che la mediazione facoltativa non è idonea a sospendere i termini di decadenza o di prescrizione.

Incompatibilità avvocati-mediatori: illegittima la decretazione ministeriale, spetta al regolamento dell’organismo disciplinare le garanzie di indipendenza e imparzialità

images Tar Lazio, sentenza n. 4115 del 5.4.2016.

Commento a cura dell’avv. Guido Trabucchi. Con la sentenza n. 4115 del 5.4.2016, il Tar Lazio ha accolto il ricorso promosso da alcuni dei nostri mediatori per l’annullamento della Circolare del Ministero della Giustizia 14 luglio 2015 e dell’art. 14 bis del D.M. 180/2010, che disciplinavano le ipotesi di incompatibilità e conflitti di interessi della categoria dei mediatori.

 Secondo i giudici amministrativi, il legislatore ha considerato le modalità idonee a garantire l’imparzialità e la terzietà del mediatore facendo rinvio alla regolamentazione  disposta dal singolo organismo di mediazione – a sua volta vigilato dal Ministero della Giustizia – e alla dichiarazione di impegno alla sua osservanza che ogni mediatore deve sottoscrivere per ciascun affare, negando invece spazio per difetto di delega alla decretazione ministeriale che è quindi da intendersi illegittima.