La sospensione dei termini nel periodo feriale si applica anche alla mediazione civile?

 Tribunale di Roma, sentenza 05.03.2019 – Est. Berti

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera

 La sospensione dei termini nel periodo feriale prevista dalla legge 7 ottobre 1969 n. 742, in quanto applicabile al termine stabilito dalla legge a pena di decadenza per la proposizione di determinate domande in giudizio, trova applicazione anche nei casi in cui la parte proponga preventivamente istanza di mediazione, in una controversia in cui la presentazione di detta istanza sia obbligatoria, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs 4 marzo 2010 n. 28 e ss.mm..
Quanto al termine per impugnare la delibera dopo la conclusione negativa della mediazione, il condomino dispone di ulteriori trenta giorni che decorrono dalla data del deposito del verbale negativo.

In mediazione la parte deve essere presente. Può essere sostituita dall’avvocato? Ecco i paletti stabiliti dalla nuova sentenza della Cassazione

 Corte di Cassazione, sentenza n.18068 del 09.05.2019 – Est. Iannello.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo.

La terza sezione della Cassazione Civile interviene nuovamente sulla discussa questione della necessaria presenza personale della parte in mediazione e sul superamento del primo incontro.
Condividendo i principi espressi nell’unico precedente (Cass. n..8473/19), la Corte afferma che:
– la condizione di procedibilità nella mediazione obbligatoria può dirsi superata solo con la presenza personale delle parti assistite dai rispettivi difensori;
– la parte (benché ciò non sia auspicato dalla legge ma neppure escluso) può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore purché dotato di apposita procura sostanziale;
Difatti, trattandosi di attività di natura non strettamente personale, la partecipazione al procedimento di mediazione può bensì essere delegata ad altri e, quindi, anche ma non solo – al difensore. Ma affinché una delega possa considerarsi valida, «la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia).
Ne consegue che la procura conferita al difensore non potrà essere da questi autenticata perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore.
Infine, in contrapposizione con la oramai unanime giurisprudenza di merito sul superamento del primo incontro, la Corte ritiene che la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.

Confermata l’esenzione dalle imposte ipocatastali nei trasferimenti immobiliari in mediazione

 Commissione Tributaria Regionale per la Liguria, sentenza 10.04.2019.

Commento a cura del Notaio Maria Teresa Battista.

L’accordo raggiunto in mediazione avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un immobile è esente da ogni spesa e tassa e quindi anche dal pagamento delle imposte catastali e ipotecarie.

Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Regionale per la Liguria che ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dato ragione a un notaio dinanzi al quale era stato stipulato un accordo di mediazione tra due parti per il trasferimento di alcune quote di comproprietà di un immobile.

Secondo il Notaio per l’atto in oggetto spettava un’esenzione (non solo per l’imposta di registro, nei limiti di Euro 50.000,00), ma anche per le imposte ipotecaria, catastale e di bollo richiesta.

E ciò in quanto il legislatore utilizza una formula «estremamente lata e omnicomprensiva», da riferire ad altri tributi non espressamente menzionati, così come ritenuto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale in riferimento all’art. 19 della L .74/1987, che prevede, con una formulazione pressoché identica a quella in esame, l’esenzione «dall’imposta di bollo di registro e di ogni altra tassa» degli atti relativi ala separazione e divorzio.

Di parere opposto l’Agenzia delle Entrate, soccombente in entrambi i gradi di giudizio, che con avviso di liquidazione aveva richiesto il pagamento delle imposte ipotecarie e catastali.

Per la CTR il senso dell’art. 17 comma 2° del DLGS 28/2010, che stabilisce l’esenzione di tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento dì mediazione da “ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”, è chiaro e va inteso nel suo significato più ampio sì da ricomprendere nell’esenzione anche le imposte ipotecarie e catastali nei procedimenti di mediazione.

Consulenza tecnica in mediazione

Tribunale di Roma, ordinanza 09/11/2017 – Est. Moriconi
TAG: Mediazione delegata – responsabilità medica – consulenza tecnica in mediazione – idoneità della CTM a favorire l’accordo – vantaggi dell’accordo conciliativo rispetto al giudizio del giudice – effettivo esperimento del procedimento di mediazione – presenza delle parti – condotta e sanzioni ex artt. 91 e 96 c.p.c – dolosa renitenza ad ordine del giudice – proposta del mediatore – nomina del consulente tecnico.

 

RG 13278 / 2014

TRIBUNALE di ROMA Sez.XIII°

ORDINANZA

Il Giudice,
dott. Massimo Moriconi,
letti gli atti, osserva:
Il consulente di parte attorea, sobriamente, riconosce l’ineluttabilità dell’esito infausto derivante dall’aggressivo tumore maligno polmonare che aveva colpito V. D., ma sottolinea, correttamente, che in presenza degli errori e delle carenze che assume ed indica a carico delle due strutture sanitarie convenute, permane pur sempre il diritto al risarcimento per la perdita di chances.
Con riserva in mancanza di accordo, di disporre consulenza tecnica volta ad appurare la sussistenza degli errori (quelli indicati alle pagine cinque e nove della citazione), la imputabilità ad una o ad entrambe le strutture e in caso affermativo, la sussistenza o meno, visto il brevissimo lasso temporale, fra il ricovero e il decesso (19-31 luglio), di chances e di che natura e consistenza, si ritiene che le parti possano ricercare utilmente un accordo.
Invero, le possibilità che nel procedimento di mediazione possa scaturire un accordo sono tanto più elevate quanto più sono presenti e a disposizione delle parti, elementi fattuali e conoscitivi che possano indirizzarle quanto meno in via tendenziale verso quell’ubi consistam delle contrapposte posizioni delle parti che in molte cause, come in questa, è rappresentato primariamente dalla consulenza tecnica disposta ed acquisita.
D’altra parte se i difensori e le parti si fanno convinti, a causa di un certo generalizzato pregiudizio da parte dei giudici sulla possibilità di utilizzo della CTM (consulenza tecnica in mediazione) nella causa che segua al mancato accordo, della non convenienza ed opportunità di un tale incombente (per la correlativa spesa che comporta), si innesca una spirale viziosa in quanto la consulenza in mediazione favorisce l’accordo, ma in mancanza di accordo si ricorre al giudice che di regola non riconosce valore alla consulenza in mediazione, di talché non si pratica la consulenza in mediazione con la conseguenza che si deprime radicalmente ogni possibilità di accordo.
Il giudice ha espresso una motivata e dettagliata giurisprudenza in materia di C.T.M. (1) in particolare sui parametri che essa deve rispettare affinché possa assurgere ad utilità nella eventuale causa che segue al mancato accordo: vanno pertanto richiamati i principi fondamentali enunciati più volte in provvedimenti pubblicati sul tema, in particolare quelli attinenti al rispetto del contraddittorio ed alla tassativa esclusione della acquisizione delle dichiarazioni delle parti.

I quesiti dovranno attenere alle allegazioni di inadempimento qualificato esposte dagli attori (pagina cinque e nove).
Alle parti si assegna termine fino all’udienza di rinvio per il raggiungimento di un accordo amichevole.
Va fissato il termine di gg.15, decorrente dal 15.12.2017, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui all’art.5 comma uno bis del decr.legisl.4.3.2010 n.28; con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art.17 e 20 del decr.legisl.4.3.2010 n.28), della controversia in atto.

Va ricordato che, come da diffusa e condivisa giurisprudenza, è richiesta l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori, siano presenti le parti personalmente; e che se da una parte la mancata o irrituale attivazione del procedimento di mediazione attinge alla stessa procedibilità della domanda, dall’altra la mancata o irrituale partecipazione delle parti, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione demandata dal giudice, è comportamento valutabile nel merito della causa ex art.116 cpc, e può integrare dolosa (o gravemente colposa) renitenza ad un ordine del giudice (per quanto rileva ai fini dell’applicazione dell’art.96 III° cpc (2).
Infine, il mediatore potrà se del caso, e sull’accordo delle parti, nominare un consulente medico, iscritto nell’albo del tribunale, al fine di accertare la sussistenza e natura dei danni alla persona dell’attrice.

Infine all’esito della C.T.M. e se del caso il mediatore potrà, tenuto anche conto di quanto osservato in nota 1, formulare una proposta ai sensi dell’art.11 decr.lgsl.28/10, opportunamente tenendo conto di ogni circostanza del caso.

P.Q.M.

a scioglimento della riserva che precede,
–  AMMETTE le prove documentali delle parti;
– DISPONE che le parti procedano alla mediazione demandata, ai sensi dell’art.5 comma uno bis del decr.lgsl.28/2010, della controversia;
– INVITA i difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente ordinanza nei termini di cui all’art.4, co.3° decr.lgsl.28/2010, e specificamente della necessità di partecipare effettivamente e di persona (3), assistiti dai rispettivi avvocati, al procedimento di mediazione;
– INFORMA le parti che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’art.5 cit. e che ai sensi dell’art.8 dec.lgs.28/10 la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione comporta le conseguenze previste dalla norma stessa; e può integrare condotta dolosa o gravemente colposa ai sensi dell’art.96 III° cpc;

– VA fissato il termine dilatorio di gg.15, decorrente dal 15.12.2017, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui all’art. 5 comma uno bis del dec.lgs.28/10;
– RINVIA all’udienza del 5.4.2018 h.9,30 per quanto di ragione.

Roma lì 09/11/2017
AVVISI a cura della cancelleria

Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi

 

 

(1)http://www.mediazionecatalfamo.it/2016/02/13/giurisprudenza-e-consulenze-tecniche-in-mediazione-intervista-al-dott-massimo-moriconi/

http://www.mondoadr.it/giurisprudenza/il-giudice-invita-le-parti-ad-espletare-una-consulenza-tecnica-mediazione.html
http://www.conciliazioneforense.it/wp-content/uploads/2015/04/Tribunale-Roma-consulenza-tecnica-in-mediazione.pdf

(2) Art.96 III° cpc: in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.
(3) Per le persone giuridiche, pubbliche o private, “di persona” va riferito al soggetto – incaricato da chi è titolare del diritto oggetto della controversia – che ne abbia, ai fini che qui interessano, la rappresentanza, con la possibilità di disporre del diritto nell’ambito dei poteri conferitigli.

 

Mediazione: necessario partecipare personalmente e superare il primo incontro. Nuovo provvedimento in dissenso con la Cass. 8473/2019

 Tribunale di Roma, sentenza 27.06.2019 – Est. Moriconi.

Commento a cura dell’Avv. Mario Antonio Stoppa, Resp. MedyaPro sede di Lecce.

La legge esclude che possa ritenersi ritualmente instaurato il procedimento di mediazione con la presenza del solo avvocato, sia pure munito di delega del cliente.

E ancora, è altresì da escludersi che la parte, assistita dall’avvocato, possa farsi sostituire da altro soggetto munito del potere di rappresentanza della parte assente di persona, salvo casi eccezionali (di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona).

A tale conclusione si ritiene si possa pervenire attraverso l’interpretazione letterale, sistematica e teleologica del decreto legislativo 28/2010, nonché traendo argomento dalla stessa sentenza della Suprema Corte n.8473/19 del 7.3.2019, la quale, a ben vedere e contrariamente alle conclusioni a cui giunge, predica, in armonia con le caratteristiche normative dell’istituto, la necessaria presenza personale della parte in mediazione.

Sono, in estrema sintesi, le interessanti motivazioni espresse dal dott. Moriconi in una recentissima sentenza che si pone, come il precedente del Trib. Firenze, sentenza 8.5.2019, in dissenso con i principi espressi dalla Corte di Cassazione nella sentenza 8473/19 (in senso favorevole, invece, Tribunale di Aosta, sentenza 14.4.2019 – Est. De Paola, in banca dati MedyaPro).

La mediazione deve essere effettiva e i costi della procedura sono pienamente giustificati. Prima sentenza post Cassazione n.8473/2019

   Tribunale di Firenze, sentenza 8.5.2019 – Est. Ghelardini.

Commento a cura dell’Avv. Mario Antonio Stoppa.

La scelta ermeneutica operata con la sentenza n.8473/2019 dalla Corte di Cassazione, fondata sull’idoneità, ai fini della procedibilità della domanda giudiziale, di un primo incontro meramente informativo e preliminare di mediazione, si pone in distonia con le stesse finalità della mediazione ed in genere con i sistemi ADR.
Per il Tribunale di Firenze la Corte di Cassazione elabora dei principi non condivisibili, errando una prima volta nel ritenere che l’obbligatorietà di una mediazione effettiva possa sostanzialmente pregiudicare il diritto di azione (di qui la necessità di una interpretazione restrittiva della norma sulla mediazione per evitare un conflitto con l’art.24 Cost.), ed una seconda volta nel considerare chiuso il procedimento di mediazione allorquando il mediatore, interrogate le parti sulla possibilità di avviare la mediazione, riceve risposta negativa.
Più in particolare, sul primo punto, il giudice fiorentino nel premettere che l’attuale normativa sulla mediazione è pienamente compatibile col Diritto dell’Unione Europea, alla Costituzione italiana e alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, ritiene che non vi sia alcuna limitazione del diritto di accesso alla giustizia poiché, con la introduzione della mediazione, il legislatore ha deciso da un lato di decongestionare l’accesso alla giustizia civile, al fine di recuperare la funzionalità degli uffici della giurisdizione e, dall’altro, in un’ottica di sistema, ha acquisito una specifica consapevolezza nel valore primario della conciliazione della lite, con positive ricadute sul sistema processuale, vuoi perché in presenza di un accordo le parti rinunciano ad avvalersi degli ordinari rimedi processuali (es. impugnazioni), vuoi perché gli impegni assunti in sede di accordo sono di regola osservati spontaneamente dalle parti ed è assai raro in tal caso il ricorso alle procedure esecutive.
Sul secondo punto, poi, la Corte erra nel subordinare la realizzazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale alla “volontà” delle parti di avviare la mediazione, anziché alla “possibilità”, finendo così per attribuire loro il potere di decidere sulla procedura col rischio che tutto il procedimento diventi un vuoto rituale. Al contrario, ritiene il Tribunale di Firenze, le parti andrebbero interrogate solo sulla “possibilità” di avviare la mediazione, ossia sull’esistenza di condizioni ostative che non dipendono dalla volontà delle stesse e che in assenza delle quali rendono obbligatoria la prosecuzione della mediazione (es., in presenza di difetto di legittimazione o di rappresentanza o materie sottratte alla disponibilità delle parti).
Chiarite le ragioni della divergenza dal principio enunciato dalla Suprema Corte, il Tribunale di Firenze conclude nel ritenere superata la condizione di procedibilità allorquando le parti, nel primo incontro, superano la fase informativa per entrare nel merito delle questioni.
Anzi, sottolinea, occorre più che altro valutare le implicazioni che il criterio di effettività del primo incontro produce sotto il profilo dei dei costi di mediazione e la risposta non può essere che tranquillizzante.
Stante il dettato dell’art.17, comma 5 ter del d.m. 180/2010, secondo cui “Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto all’organismo di mediazione“,  non saranno dovute le indennità ma solo le spese di segreteria.
Ne consegue che accogliendo il principio di effettività, le implicazioni economiche (i costi della mediazione) sono pienamente giustificate dalla concreta possibilità di conciliare la controversia. Anzi, se la mediazione termina al primo incontro senza che nulla sia dovuto all’Organismo di Mediazione, gli unici costi oltre alle spese di segreteria sarebbero quelli delle spese di assistenza legale previste per la fase dell’attivazione e della negoziazione ex D.M. 37/2018, i quali, a ben vedere, possono essere recuperati a carico della parte soccombente ex art. 91 cpc.
Una tesi, quella del Tribunale di Firenze, in buona parte condivisibile ma che lascia irrisolta una questione che rischia di portarla in contraddizione: se durante il primo incontro le parti devono entrare effettivamente in mediazione avviando una vera e propria discussione sul merito delle questioni, pena l’improcedibilità della domanda, e si riconosce al legale il compenso anche per la fase della negoziazione (giustamente, ndr), al mediatore che opera con dedizione e competenza quale compenso spetta?
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fonte sentenza integrale: ilcaso.it

Mediazione guidata e consulenza tecnica in mediazione spingono all’accordo.

Tribunale di Roma, ordinanza 09.11.2017 – Est. Moriconi.

 

Tribunale di Roma, ordinanza 09.04.2018. – Est. Moriconi

 

Commento a cura dell’avv. Simone Tagliaferro. Le ordinanze in commento hanno permesso di concludere con accordo una lite riguardante un caso di responsabilità medico sanitaria (decesso di una persona), con richiesta dei parenti di risarcimento per un danno che il giudice qualificava come perdita di chance (il decesso purtroppo era comunque inevitabile).

Le parti erano 13, di cui una casa di cura, un ospedale, medici e assicurazioni.

Il giudice disponeva una mediazione guidata (ordinanza 09.11.2017, qui richiamata in commento e per esteso), evidenziando che era essenziale esperire una CTM (consulenza tecnica in mediazione), e assicurando che a differenza di una cattiva costumanza dei giudici, ne avrebbe tenuto conto nel processo in mancanza di accordo.

A questo punto si presentavano in udienza tutti gli avvocati delle parti chiedendo al giudice di poter stendere i quesiti.

Così, il giudice con nuova ordinanza (ord.9.4.2018), nel precisare che il mediatore “non è un ausiliario del giudice e che l’organismo non è una succursale del tribunale” (testuale), offriva chiare e precise indicazioni sulle questioni su cui sperimentare utilmente la mediazione che si concludeva con un accordo e quindi con la cancellazione della causa dal ruolo.

Mediazione: per la Corte Costituzionale è legittima la norma che ha introdotto la sanzione pecuniaria per la parte assente in mediazione e l’obbligo della mediazione nella fase di opposizione a d.i. in confronto alla diversa procedura della negoziazione assistita.

Corte Costituzionale, sentenza n.97 del 18.4.2019 – Est. Antonini.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera.

Il secondo periodo del comma 4-bis, art. 8 d.lgs. 28/2010 – a mente del quale «[i]l giudice condanna la parte costituita che […] non ha partecipato al procedimento [preliminare di mediazione] senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio» – non viola l’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto dei requisiti di necessità e d’urgenza.

Difatti, sebbene l’introduzione della norma che ha previsto la sanzione pecuniaria nei confronti della parte assente ingiustificata in mediazione sia stata posticipata di 30 giorni, la necessità di provvedere con urgenza ai sensi dell’art.77 Cost. «non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge».

Nel caso di specie, la norma che ha reintrodotto l’obbligatorietà della mediazione avrebbe evidentemente comportato un significativo incremento delle istanze di accesso al relativo procedimento: la decisione di procrastinarne, peraltro per un periodo contenuto, l’applicabilità è, pertanto, ragionevolmente giustificata dall’impatto che essa avrebbe avuto sul funzionamento degli organismi deputati alla gestione della mediazione stessa.

Neppure secondo altro profilo sussiste violazione dell’art.3 Cost. in riferimento all’art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2010, a confronto con la normativa sulla negoziazione assistita.

Nei procedimenti per ingiunzione, la procedura di negoziazione assistita, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 3, lettera a), del d.l. n. 132 del 2014, non deve essere esperita né nella fase monitoria né nel successivo, eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.

Al contrario, in virtù della disposizione censurata, il procedimento preliminare di mediazione, benché parimenti non applicabile alle domande proposte in via monitoria, deve essere intrapreso nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, sia pure dopo la pronuncia del giudice, ai sensi degli artt. 648 e 649 del codice di procedura civile, sulle istanze di concessione e di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto stesso.

La descritta diversità tra le due discipline, ad avviso del giudice veronese, integrerebbe, come detto, una violazione dell’art. 3 Cost., determinando una disparità di trattamento manifestamente irragionevole e in quanto tale incidente anche nell’ambito della disciplina degli istituti processuali.

Per la Corte, invece, la questione è infondata poiché sebbene i due istituti processuali posti a raffronto sono diretti a favorire la composizione della lite in via stragiudiziale e sono riconducibili alle «misure di ADR e quindi entrambi costituiscono condizioni di procedibilità della domanda giudiziale, a fronte di tali profili di omogeneità, è tuttavia ravvisabile nella mediazione un fondamentale elemento specializzante, che assume rilievo al fine di escludere che si sia al cospetto di situazioni sostanzialmente identiche disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, ovvero che la  scelta legislativa di trattare diversamente, con riguardo al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, le due fattispecie possa ritenersi manifestamente irragionevole e arbitraria, «questo essendo il parametro di riferimento in materia, tenuto conto che si discute di istituti processuali, nella cui conformazione […] il legislatore fruisce di ampia discrezionalità» (sentenza n. 12 del 2016; nello stesso senso, sentenza n. 164 del 2017).

Più precisamente, il procedimento di mediazione è connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il mediatore, terzo e imparziale, là dove la stessa neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato che assiste le parti nella procedura di negoziazione assistita.

Mentre, dunque, nella mediazione il compito – fondamentale al fine del suo esito positivo – di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’incontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalità deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità tale per cui non possa immaginarsi una violazione dell’art. 3 Cost. .

La qualificazione giuridica della vicenda riportata nell’istanza di mediazione può differire dalla domanda giudiziale?

Commenti a cura dell’avv. Elisa Fichera.

Deve ritenersi sufficiente, al fine di ritenere soddisfatto il requisito di procedibilità, che i fatti posti a fondamento della istanza di mediazione siano gli stessi di quelli della domanda giudiziale, a nulla rilevando l’ esatta qualificazione giuridica della vicenda, operazione riservata al successivo giudizio di merito (Tribunale di Pordenone, sentenza 18.02.2019 – Est. Leanza).

Non può costituire motivo di invalidità della istanza di mediazione la quantificazione di somme inferiori rispetto a quelle chieste nel giudizio ( Tribunale di Mantova, sentenza 23.01.2019 – Est. Fraccalvieri).

Fonte: sentenze integrali consultabili su Banca dati della Mediazione civile MedyaPro.

Mediazione delegata e proposta del giudice anche nel Tribunale di Verona

 Tribunale di Verona, ordinanza 14.02.2019 – Est. Bartolotti.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. Anche nelle materie non assoggettate alla mediazione obbligatoria, il giudice dopo aver concesso la provvisoria esecutorietà del decreto opposto, visti i rapporti tra le parti e la natura della causa, può offrire loro la facoltà di godere di un tentativo di mediazione, sia per favorire un componimento della vicenda sia per una eventuale soluzione generale delle questioni correnti fra le parti.

In tal caso, rende edotta le parti che dalla mancata attivazione della mediazione consegue la improcedibilità della domanda giudiziale e la definitività del decreto opposto.

Al contempo, fermo restando l’autonomia dell’organismo (e delle parti) nella formulazione della migliore proposta, nella stessa ordinanza il giudice può suggerire alle parti una soluzione transattiva in caso di esito negativo della procedura conciliativa, evidenziando i vantaggi economici che deriverebbero da un accordo (stralcio di una parte del credito, liquidità immediata, assenza di costi e di rischi della esecuzione) e i rischi di una prosecuzione della causa (condanna alle spese, anche art. 96 comma 3 cpc).