Mediazione: per la Corte Costituzionale è legittima la norma che ha introdotto la sanzione pecuniaria per la parte assente in mediazione e l’obbligo della mediazione nella fase di opposizione a d.i. in confronto alla diversa procedura della negoziazione assistita.

Corte Costituzionale, sentenza n.97 del 18.4.2019 – Est. Antonini.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera.

Il secondo periodo del comma 4-bis, art. 8 d.lgs. 28/2010 – a mente del quale «[i]l giudice condanna la parte costituita che […] non ha partecipato al procedimento [preliminare di mediazione] senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio» – non viola l’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto dei requisiti di necessità e d’urgenza.

Difatti, sebbene l’introduzione della norma che ha previsto la sanzione pecuniaria nei confronti della parte assente ingiustificata in mediazione sia stata posticipata di 30 giorni, la necessità di provvedere con urgenza ai sensi dell’art.77 Cost. «non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge».

Nel caso di specie, la norma che ha reintrodotto l’obbligatorietà della mediazione avrebbe evidentemente comportato un significativo incremento delle istanze di accesso al relativo procedimento: la decisione di procrastinarne, peraltro per un periodo contenuto, l’applicabilità è, pertanto, ragionevolmente giustificata dall’impatto che essa avrebbe avuto sul funzionamento degli organismi deputati alla gestione della mediazione stessa.

Neppure secondo altro profilo sussiste violazione dell’art.3 Cost. in riferimento all’art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2010, a confronto con la normativa sulla negoziazione assistita.

Nei procedimenti per ingiunzione, la procedura di negoziazione assistita, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 3, lettera a), del d.l. n. 132 del 2014, non deve essere esperita né nella fase monitoria né nel successivo, eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.

Al contrario, in virtù della disposizione censurata, il procedimento preliminare di mediazione, benché parimenti non applicabile alle domande proposte in via monitoria, deve essere intrapreso nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, sia pure dopo la pronuncia del giudice, ai sensi degli artt. 648 e 649 del codice di procedura civile, sulle istanze di concessione e di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto stesso.

La descritta diversità tra le due discipline, ad avviso del giudice veronese, integrerebbe, come detto, una violazione dell’art. 3 Cost., determinando una disparità di trattamento manifestamente irragionevole e in quanto tale incidente anche nell’ambito della disciplina degli istituti processuali.

Per la Corte, invece, la questione è infondata poiché sebbene i due istituti processuali posti a raffronto sono diretti a favorire la composizione della lite in via stragiudiziale e sono riconducibili alle «misure di ADR e quindi entrambi costituiscono condizioni di procedibilità della domanda giudiziale, a fronte di tali profili di omogeneità, è tuttavia ravvisabile nella mediazione un fondamentale elemento specializzante, che assume rilievo al fine di escludere che si sia al cospetto di situazioni sostanzialmente identiche disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, ovvero che la  scelta legislativa di trattare diversamente, con riguardo al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, le due fattispecie possa ritenersi manifestamente irragionevole e arbitraria, «questo essendo il parametro di riferimento in materia, tenuto conto che si discute di istituti processuali, nella cui conformazione […] il legislatore fruisce di ampia discrezionalità» (sentenza n. 12 del 2016; nello stesso senso, sentenza n. 164 del 2017).

Più precisamente, il procedimento di mediazione è connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il mediatore, terzo e imparziale, là dove la stessa neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato che assiste le parti nella procedura di negoziazione assistita.

Mentre, dunque, nella mediazione il compito – fondamentale al fine del suo esito positivo – di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’incontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalità deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità tale per cui non possa immaginarsi una violazione dell’art. 3 Cost. .

La qualificazione giuridica della vicenda riportata nell’istanza di mediazione può differire dalla domanda giudiziale?

Commenti a cura dell’avv. Elisa Fichera.

Deve ritenersi sufficiente, al fine di ritenere soddisfatto il requisito di procedibilità, che i fatti posti a fondamento della istanza di mediazione siano gli stessi di quelli della domanda giudiziale, a nulla rilevando l’ esatta qualificazione giuridica della vicenda, operazione riservata al successivo giudizio di merito (Tribunale di Pordenone, sentenza 18.02.2019 – Est. Leanza).

Non può costituire motivo di invalidità della istanza di mediazione la quantificazione di somme inferiori rispetto a quelle chieste nel giudizio ( Tribunale di Mantova, sentenza 23.01.2019 – Est. Fraccalvieri).

Fonte: sentenze integrali consultabili su Banca dati della Mediazione civile MedyaPro.