Due suggerimenti per depositare una mediazione senza avere spiacevoli sorprese

Autore: Avv. Mario Antonio Stoppa, Resp. MedyaPro sede di Lecce.

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Devo depositare una domanda di mediazione con un termine di decadenza ormai prossimo.

Mi sorge un dubbio: la domanda di mediazione quando produce i suoi effetti ?  E con l’avvicinarsi di agosto si  applicherà alla mediazione la norma sulla sospensione feriale dei termini ?

Sono frequenti i dubbi sulle modalità di presentazione della domanda di mediazione, sugli effetti interruttivi che l’istanza produce sulla prescrizione e/o decadenza, come altrettanto frequenti  le pronunce giurisprudenziali che sanciscono la decadenza e quindi la improcedibilità della domanda di mediazione tardivamente depositata.

Iniziamo col dire che la domanda di mediazione può essere presentata in modalità cartacea o telematica (on line). Ogni Organismo di mediazione è tenuto a garantirle entrambe.

L’istanza viene generalmente depositata via pec e “la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante” (art.8 comma 1, d.lgs.28/2010)

Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11, presso la segreteria dell’organismo (art. 5 comma 6, d.lgs. cit.)

Quindi, differentemente del caso in cui il giudice assegna i 15 giorni per il deposito della mediazione e la presentazione dell’istanza è sufficiente ad evitare l’improcedibilità della domanda giudiziale, (1)

 nei casi in cui si vuole impedire una decadenza non basta il semplice deposito ma occorre un ulteriore passaggio: la comunicazione della istanza di mediazione alle altre parti.

Ad esempio, si può decadere dall’impugnare una delibera assembleare di condominio se l’avvocato si limita a ritenere concluso il suo compito con il semplice deposito dell’istanza di mediazione presso l’organismo e non anche con la comunicazione della domanda di mediazione alla controparte (2).

Sarà quindi importante ricordarsi di notificare personalmente alla controparte l’istanza di mediazione subito dopo averla depositata presso l’organismo di mediazione, oppure, di notiziare l’organismo sull’urgenza di provvedere alla notifica nei confronti della convenuta per evitare lo spirare del termine di decadenza . La comunicazione potrà avvenire con ogni mezzo purché idoneo ad assicurarne la ricezione e si ritiene applicabile l’ art. 149 c.p.c. che, in tema di perfezionamento della notificazione a mezzo del servizio postale, ha dettato la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario (4).

Stesso discorso vale per la prescrizione con la precisazione che per interromperla, la domanda deve essere provvista di quel minimum di determinatezza e di specificità che è richiesto quale presupposto comune ad ogni fattispecie interruttiva della prescrizione, inclusa la domanda giudiziale. Quindi, quanto meno l’istanza di mediazione deve contenere, sia pure in sintesi, l’indicazione dei fatti a base della pretesa e l’adeguata determinazione dell’ oggetto (5).

Ed ancora, cosa accade quando si deve impugnare il verbale di una assemblea di condominio del 20 luglio (o conosciuto in pari data) e i trenta giorni per interrompere la decadenza cadono nel bel mezzo delle vacanze di agosto?

Generalmente, essendo la mediazione un istituto non propriamente processuale, si fa di tutto per procedere con le convocazioni anche i primi di agosto periodo nel quale vige la sospensione feriale dei termini processuali.

La motivazione è evidente: nel dubbio meglio evitare interpretazioni sfavorevoli.

Di recente, però, il Tribunale di Roma ha stabilito che anche alla mediazione civile si applica la legge 7 ottobre 1969 n. 742, che disciplina proprio la sospensione feriale dei termini processuali (6).

Sicché, per rispondere alla domanda, per interrompere la decadenza il deposito e la comunicazione della mediazione ben potranno essere rinviati ai primi di settembre evitando di considerare  il mese di agosto nel computo dei termini.

La pronuncia, tuttavia, sembra non considerare quanto afferma l’art.6 d.lgs.28/2010, secondo cui “Il termine di cui al comma 1 (la durata della mediazione, di 3 mesi, ndr) decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma 1-bis dell’articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell’articolo 5, (il termine di 15 gg per il deposito, ndr) non è soggetto a sospensione feriale”.

Quindi, se il termine di tre mesi di durata della mediazione cosi come il termine di 15 giorni per il deposito della istanza non sono soggetti alla sospensione feriale, per quale ragione applicarla al termine di 30 giorni entro cui va depositata una istanza di mediazione che impugna una delibera assembleare di condominio?

Probabilmente la questione è tutt’altro che chiara e sarà preferibile adottare una cautela maggiore depositando  l’istanza (e comunicandola, se si vuole interrompere la decadenza o la prescrizione) entro il termine di 15 giorni senza computare in questo periodo la sospensione feriale.

Ed infine, per ritornare al caso della impugnazione del verbale di assemblea, cosa fare se una volta avviata regolarmente la mediazione questa si conclude negativamente? Occorrerà depositare la domanda giudiziale entro un nuovo termine di 30 giorni che inizierà a decorrere dal momento in cui viene redatto e depositato il verbale negativo.

Luglio 2019

 

(1) Se il termine è ritenuto perentorio come afferma la  giurisprudenza di merito maggioritaria.

(2)  “Gli attori hanno ricevuto il verbale dell’assemblea oggetto di impugnazione in data 17.9.2015, hanno quindi depositato istanza di mediazione in data 15.10.2015, ma la stessa è stata comunicata all’amministratore a mezzo fax in data 3.11.2015 e a mezzo pec in data 10.11.2015. Posto che: ai sensi dell’art. 5 comma 6 d.lgs. n. 28/2010 “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale.

Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta…”. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”. Posto quindi che l’art. 8, 1° comma, d.lgs. n. 28/2010 si limita a prevedere che la domanda è comunicata “con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione” e che alla comunicazione si provvede “anche a cura della parte istante”, che nel caso di specie non risulta alcuna comunicazione precedente a quelle effettuate in data 3 e 10 novembre 2015, l’eccezione di decadenza formulata dal convenuto va accolta, con assorbimento di ogni ulteriore eccezione e domanda.” Tribunale di Milano, sentenza 23.05.2018 – Est. Zuffada

(3) Preferibile anche la doppia notifica ad opera dell’organismo e della parte istante.

(4) Tribunale di Latina Est. Mancini Laura – Sentenza 28/03/2018

(5) Tribunale di Verona Est. Dal Martello Claudia – Sentenza 31/05/2018 

(6)  “Questa Sezione ritiene che la sospensione dei termini nel periodo feriale, prevista dalla legge 7 ottobre 1969 n. 742, in quanto applicabile al termine stabilito dalla legge a pena di decadenza per la proposizione di determinate domande in giudizio, trovi applicazione anche nei casi in cui la parte proponga preventivamente istanza di mediazione, in una controversia in cui la presentazione di detta istanza sia obbligatoria, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs 4 marzo 2010 n. 28 e ss.mm.; ne discende che il giudice chiamato a valutare se il termine decadenziale si sia consumato prima dell’attivazione del procedimento di mediazione, deve scomputare da tale termine quello di sospensione feriale (sent. n. 17747/2016 RG. 4082/2015 Trib. Roma, V Sez.). Tale orientamento è conforme a quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 49/1990 che estende l’applicabilità della sospensione feriale all’art. 1137 c.c..” Tribunale di Roma, sentenza 05.03.2019 – Est. Berti

Ruolo dell’avvocato in mediazione

Autore: Avvocato Elisa Fichera, Mediatore in Verona.

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I veri protagonisti della mediazione sono ovviamente le PARTI ma non si può dimenticare il fondamentale ruolo che assume l’AVVOCATO.

La sfida per il rinnovamento della professione forense è lanciata. L’avvocato ora può ambire a divenire il motore propulsore della rinascita di un sistema sostenibile della giustizia civile e, per ciò stesso, adeguato, coerente, efficace ed efficiente.
Con l’affermarsi della mediazione quale sistema di composizione preventivo delle controversie civili e commerciali, l’avvocato ri-espande i suoi orizzonti ritornando agli antichi compiti della professione eppure con l’acquisizione di nuove e più avanzate competenze e con l’obiettivo di porsi quale cardine di un complesso sistema complementare e integrato di dispute resolution.
CICERONE: definiva l’attività del giurista con tre verbi: Respondere – Agere – Cavere (De Oratore 1.212) RESPONDERE – Respònsa prudèntium [lett. “pareri dei giuristi”] : consisteva nel dare ai privati una risposta sui quesiti che essi sottoponevano al giureconsulto;

AGERE: consisteva nel suggerire i principî del diritto e le decisioni delle controversie ai difensori delle parti e nel coadiuvarli personalmente durante la difesa.

Fu perciò detto la scienza delle formalità.
Talvolta, però, l’agere era inteso nella prestazione di aiuti e suggerimenti ai magistrati nell’amministrazione della giustizia.
CAVERE: consisteva nel consigliare le clausole dei contratti e le cautele atte ad assicurare i diritti che ne derivavano, e a prevenire le controversie che ne potessero sorgere.
Anche la Cassazione di recente ha avuto modo di rilevare come con la riforma della mediazione attuata nel 2013, che ha introdotto la presenza necessaria dell’avvocato in mediazione, sia stata affiancata alla figura dell’avvocato esperto in tecniche processuali che “rappresenta” la parte nel processo, quella dell’avvocato esperto in tecniche negoziali che “assiste” la parte nella procedura di mediazione.
Ciò segna quindi – secondo la Suprema Corte – «la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate» (Cass. civ. Sez. III, sent. 27 marzo 2019, n. 8473).

D’altronde la svolta dell’avvocatura verso la mediazione e verso i sistemi negoziali di composizione delle liti civili e commerciali è stata segnata nel 2016 dal Congresso Nazionale Forense che si è celebrato a Rimini, svolta che si è poi consolidata anche nella più recente assise assembleare svoltasi a Roma per il rafforzamento della mediazione anche in chiave obbligatoria, proponendo l’avvocato quale protagonista dell’evoluzione del sistema della giustizia civile in una prospettiva non meramente antagonistica e orientata al processo, ma sempre più coesistenziale e, per ciò stesso,
anche sostenibile.
Così anche il vigente Codice deontologico forense (approvato nel 2014) diviene un punto di riferimento fondamentale in quanto non solo impone all’avvocato – all’atto del conferimento dell’incarico – di informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge, ma anche dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.
In questa prospettiva assumono fondamentale rilievo alcuni articoli del codice deontologico tra i tanti, senza pretesa di esaustività, si ritiene importante richiamare in particolare l’art. 27 (nel testo aggiornato 2018) che riguarda i doveri di informazione (1). , l’art. 9 inerente i – Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza (2), , l’art. 14 che riguarda il Dovere di competenza (3), ed infine l’art. 26 riguardante l’Adempimento del mandato (4).

Un’attenzione particolare è altresì riservata, proprio agli avvocati, dalla “guida” approvata nel dicembre 2018 dal CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia) del Consiglio d’Europa (5).

Si tratta più precisamente di un documento che si pone l’obiettivo di garantire l’attuazione delle linee guida CEPEJ sulla mediazione e che contiene al suo interno una “guida alla mediazione per avvocati”.
Una guida che appare immediatamente di notevole interesse in quanto chiarisce quanto sia importante il ruolo dell’avvocato che “assiste” la parte in mediazione e che, quindi, non si sostituisce alla stessa, ma svolge funzioni del tutto diverse «dal contraddittorio processuale giudiziario.
Gli avvocati che applicano un approccio più cooperativo e costruttivo nella mediazione, possono aiutare i mediatori a guidare in modo efficace le parti verso un accordo, garantendo così che i loro clienti ottengano una soluzione alle loro controversie che rifletta meglio i loro interessi e bisogni reali».
Il RUOLO DELL’AVVOCATO NELLA MEDIAZIONE viene individuato oltre che nella selezione dell’organismo di mediazione concorrendo così nella misura possibile alla scelta del mediatore, principalmente in quattro fasi.
 In primo luogo, già nella selezione del metodo di risoluzione della controversia come parte essenziale del caso: la scelta del procedimento più appropriato è opportuno che sia guidata all’avvocato perché tale scelta (come quella della strategia processuale) è parte integrante di un’analisi completa e approfondita del caso.

D’altronde come sottolinea la guida del CEPEJ,tale selezione «potrebbe influire in modo significativo sulla posizione del cliente come predeterminare in anticipo o ridurre il numero di potenziali risultati finali e quindi restringere inutilmente la gamma di opzioni che sarebbero normalmente disponibili per il cliente».
 In secondo luogo, l’avvocato deve poi fornire consulenza al cliente sul corretto metodo di risoluzione dei conflitti. In questa fase è fondamentale che l’avvocato sia formato adeguatamente anche al fine di condurre un’analisi approfondita dei costi-benefici delle opzioni sui procedimenti disponibili: «in particolare, prima di intraprendere una procedura contenziosa ordinaria o l’arbitrato, è importante che il cliente comprenda quanto tempo può richiedere il processo, quanto può costare, quali possono essere i rischi connessi e qual è la probabilità di raggiungere il risultato desiderato, compresi i possibili rischi correlati alla fase esecutiva».
 E ancora, l’avvocato deve assistere il cliente al e/o al di fuori del tavolo della mediazione, e in particolare, tra le varie opzioni quella che appare più corretta e utile è quella che vede l’avvocato presente in tutto il procedimento di mediazione con il proprio cliente; si tratta ovviamente della situazione ottimale non solo per il cliente, ma anche per l’avvocato che così potrà assisterlo al meglio in tutte le fasi critiche.
 Infine, la redazione dell’accordo che compone la controversia. Invero, «un accordo raggiunto durante la mediazione deve resistere al passare del tempo. Se l’accordo è buono oggi, dovrebbe anche andare bene domani e fra tre mesi».
In questa fase il ruolo degli avvocati che hanno partecipato al procedimento diviene fondamentale poiché consente una stesura corretta e coerente delle intese conciliative.
Inoltre va rammentato che, secondo quanto previsto dalla normativa italiana, se gli avvocati sottoscrivono con le parti detto accordo certificandone la conformità alle norme imperative all’ordine pubblico, lo stesso costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. (art. 12 d.lgs. 28/2010).
Questo ultimo incombente, la redazione dell’accordo, rappresenta il momento di massimo impegno nel quale il professionista legale deve impegnare tutte le proprie competenze tecnico giuridiche e il proprio dovere nell’adempimento del dovere solenne assunto ai sensi dell’art. 8 della legge professionale forense oggi vigente e che recita proprio:

…Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad
osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento…
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L’importante è continuare a diffondere pazientemente la cultura della mediazione, consapevoli che sarà necessario un cambio generazionale perché gli operatori giuridici perdano quella mentalità statolatrica che si è affermata nell’ultimo secolo e mezzo, e gli avvocati ritornino a svolgere il loro vero compito – cavere, consulere, agere – smettendo di fungere da meri intermediari fra la parte ed il giudice (LUISO).

 

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(1) Art. 27 codice deontologico (agg. 2018) 1. L’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione. 2. L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione. 3. L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare chiaramente la parte assistita della possibilità di avvalersi del procedimento di negoziazione assistita e, per iscritto, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge. 4. L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato. 5. L’avvocato deve rendere noti al cliente ed alla parte assistita gli estremi della propria polizza assicurativa. 6. L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato e deve fornire loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice. 7. Fermo quanto previsto dall’art. 26, l’avvocato deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di atti necessari ad evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso. 8. L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato. 9. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

(2) Art. 9 codice deontologico 1. L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

3 Art. 14 codice deontologico 1.L’avvocato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.

4 Art. 26 codice deontologico 1. L’accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo. 2. L’avvocato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con altro collega in possesso di dette competenze. 3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente e violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.

 5 https://rm.coe.int/cepej-2019-9-fr-manuel-pour-la-mediation-fr/168095e1da