Per i consumatori non è necessaria l’assistenza legale in mediazione

 Corte di Giustizia Europea, Sez. I, sentenza 14 giugno 2017.

Commento a cura dell’avv. Aldo Corcioni. All’esito di un processo scaturito da un’articolata ordinanza di rinvio del Tribunale di Verona (estensore Vaccari), la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata con una recente sentenza su alcune questioni interpretative e di compatibilità tra le norme introdotte dal Codice del Consumo in attuazione della Direttiva2013/11/UE, e quelle previste dal D.Lgs. 28/2010 sulla mediazione civile, tra cui l’obbligo di assistenza legale per il consumatore e la sua possibilità di abbandonare la procedura adr in qualunque momento senza conseguenze.
Sul primo punto la Corte ha evidenziato che la normativa italiana non può imporre alcun obbligo di assistenza legale per il consumatore che prenda parte ad una procedura di adr.
Sull’obbligo per il consumatore di potersi ritirare da una procedura di adr solo in presenza di giustificati motivi, la Corte ha avuto modo di precisare che tale previsione restringe il diritto di accesso alla giustizia contrastando con la Direttiva n.11/2013.
Pertanto al consumatore deve esser consentito di abbandonare in qualunque momento la procedura senza che da ciò possano conseguire effetti sfavorevoli nelle successive fasi.
Resta comunque compatibile con il diritto europeo la normativa interna italiana che prevede una ammenda comminata dal giudice nel successivo giudizio soltanto nel caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo.
Ciò, purché il consumatore possa porre fine alla procedura conciliativa successivamente al primo incontro col mediatore senza restrizioni.

* Un commento ben più articolato e completo è stato pubblicato in questi giorni dal Prof. Avv. Marco Marinaro in Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore – rivista n.28/1 luglio 2017, pagg.92 e ss.

L’assenza personale non condiziona la procedibilità della domanda

 Tribunale di Napoli, sentenza 08.5.2017 – Est. Suriano.

Commento a cura dell’Ing. Ilaria Segala. L’orientamento giurisprudenziale volto a valorizzare l’effettiva partecipazione delle parti in mediazione, condizionando alla mancata partecipazione personale dell’istante la stessa procedibilità della domanda, non può essere condiviso.

Secondo il Tribunale di Napoli, non ricorrono disposizioni normative volte a sanzionare con la improcedibilità della domanda giudiziale l’ipotesi di mancata partecipazione personale della parte interessata.

La mediazione può essere avviata anche oltre i 15 giorni disposti dal giudice

 Corte di Appello di Milano, sentenza 7.6.2017 – Est. Fiecconi.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. Lo spirare del termine di 15 giorni per introdurre la mediazione non può intendersi come un termine processuale, posto che il procedimento di mediazione non è assimilabile al procedimento ordinario e costituisce uno strumento di risoluzione delle liti alternativo al procedimento ordinario e giurisdizionale.

Lo stesso principio di effettività dei diritti, immanente al diritto di accesso alla giustizia cui si conforma la legge sulla mediazione, imporrebbe di non considerare come penalizzanti termini che la legge non definisce come perentori, e che chiaramente si devono definire come regolatori degli interessi in gioco.

Un’interpretazione di diverso senso, difatti, aprirebbe un vulnus nella stessa legge di mediazione di derivazione comunitaria che, se nella versione nazionale scelta dal legislatore interno ha previsto come obbligatorio il tentativo di mediazione nella fase preliminare di alcuni contenziosi civili, come imprescindibile condizione di procedibilità, rimane pur sempre una disciplina orientata a incentivare soluzioni delle controversie pacifiche e alternative alla giurisdizione, senza eccessiva compromissione del diritto di agire, il quale, non potrebbe essere impedito frapponendo ulteriori ostacoli temporali o decadenze processuali incompatibili con il principio del giusto processo e con il diritto di libero accesso alla giustizia, di matrice costituzionale e convenzionale (v. art. 24 Cost. e art. 6 Convenzione del diritti dell’Uomo).

La negoziazione assistita: dalla pratica ad uno sguardo comparato

Pubblichiamo la relazione tenuta dall’Avv. Carlo Alberto Calcagno* in occasione del Convegno del 12 giugno scorso a Genova, dal titolo “La Giustizia Partecipata: conflitti, mediazione, composizione“, patrocinato, tra gli altri, dal Consiglio Superiore della Magistratura e con la partecipazione dell’Organismo di Mediazione Medyapro.

*Mediatore e Formatore.

“La tavola rotonda a cui sono onorato di partecipare ha un taglio pratico e dunque partirò da quello. Mi è stato richiesto quali sono le problematiche che investono l’istituto; ce ne sono innumerevoli legati alla legislazione, ma soprattutto al fatto che in primo luogo la negoziazione assistita richiede di fare chiarezza in ordine all’oggetto del contendere e gli operatori del diritto, così come le parti di un conflitto, vogliono trovare subito delle soluzioni che sono difficilmente rinvenibili, se non è stato ben definito il dato di partenza… continua qui

Mancata partecipazione senza giustificato motivo sanzionata dal giudice

 Tribunale di Padova, sentenza 27.4.2017 – Est. Marani.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera. La parte convenuta (una banca) è stata condannata dal Tribunale di Padova al versamento in favore del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis, del d. lgs. N. 28 del 2010, in quanto non ha addotto alcun giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

Condannata ex art.96 cpc l’assicurazione assente in mediazione delegata

 Tribunale di Roma, sentenza 29.5.2017 – Est. Moriconi.

Commento a cura della dr.ssa Maria Teresa Martucci. Nella mediazione delegata la mancata partecipazione del convenuto senza alcuna giustificazione costituisce una condotta grave e consapevole nel disattendere un ordine del Giudice, per cui si ritiene applicabile la sanzione prevista dall’art. 96 comma 3 cpc.

(Nel caso di specie, la compagnia assicurativa è stata condannata ex art. 96 comma 3 cpc al pagamento di €.10.000,00.)

La mediazione civile non si estende alle domande riconvenzionali e dei terzi

 Tribunale di Palermo, ordinanza 6.5.2017 – Est. Nozzetti.

Commento a cura del dott. Fabio Felicini. L’espressione “chi intende esercitare in giudizio un’azione” (art. 5 comma 1 bis d.lgs.28/2010) va intesa come “chi intende instaurare un giudizio” e quindi nel senso di escludere la mediazione obbligatoria rispetto alle domande proposte da e nei confronti dei terzi, oltre che rispetto alle c.d. domande riconvenzionali inedite.

Diversamente opinando, esperire una nuova mediazione estesa anche alle domande svolte nei confronti dei terzi comporterebbe l’allungamento dei tempi di durata del processo – già seriamente appesantiti nelle controversie per responsabilità professionale sanitaria dai plurimi differimenti dovuti alle chiamate in causa dei sanitari e dei rispettivi assicuratori.

Ciò contrasterebbe, di fatto, oltre che con l’intento deflativo, anche con il diritto alla ragionevole durata del processo sancito dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Omessa mediazione (ante causam) e improcedibilità del giudizio

 Tribunale di Ravenna, sentenza 6.4.2017 – Est. Farolfi.

Commento a cura dell’avv. Simone Tagliaferro. La parte che intende promuovere un giudizio dimenticandosi di avviare il preliminare tentativo di mediazione (ante causam), subisce gli effetti della improcedibilità della domanda giudiziale.

Neppure l’avvio della procedura conciliativa nel corso del giudizio può sanare tale vizio processuale.

Per il Tribunale di Ravenna la finalità pubblicistica che sta alla base della (re)introduzione della mediazione obbligatoria rende indisponibili alle parti private sia l’an del suo esperimento in assoluto, sia il quomodo e quindi la stessa tempistica che il legislatore ha previsto per il suo svolgimento.

Impugnazione di delibera e mediazione: come interrompere il termine decadenziale

 Tribunale di Savona, sentenza 2.3.2017 – Est. Traverso.

Commento a cura del dott. Luca Santi. Il rispetto del termine di decadenza di 30 giorni viene dalla legge collegato alla comunicazione della domanda di mediazione alle parti, e non già al mero deposito della domanda di mediazione presso l’organismo prescelto. (Art. 5 comma 6, d.lgs. 28/2010, stabilisce “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo”.)

La proposta del mediatore va formulata anche in assenza di concorde richiesta delle parti

 Tribunale di Patti, ordinanza 25.5.2017 – Est. Mongiardo.

Commento a cura dell’Avv. Massimiliano Paolettoni. La formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore costituisce un passaggio fondamentale della procedura di mediazione.

Appare quindi opportuno che nella scelta dell’organismo di mediazione le parti si rivolgano ad enti il cui regolamento non contenga clausole limitative del potere di formulare una proposta di conciliazione quando l’accordo amichevole tra le parti non è raggiunto, in particolare restringendo la facoltà del mediatore al solo caso in cui tutte le parti gliene facciano concorde richiesta, in quanto tali previsioni regolamentari  frustrano lo spirito della norma che è quello di stimolare le parti al raggiungimento di un accordo – e non consentono al giudice di fare applicazione delle disposizioni previste dall’art.13 del d.lgs 28/2010, in materia di spese processuali, così vanificandone la ratio ispiratrice, tesa ad incentivare rifiuti ingiustificati di proposte conciliative ragionevoli.

Vieppù, quando il valore processuale della proposta incide anche sul tema della equa riparazione  (il D.L 22.6.2012 n.83, ha modificato l’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n.89, e introdotto il comma 2 quinquies, a norma del quale “non è riconosciuto alcun indennizzo: … c) nel caso di cui all’art.13 primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28”), con ciò confermando la tendenza del legislatore ad introdurre nell’ordinamento meccanismi dissuasivi di comportamenti processuali ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale della controversia.