Modifiche al codice deontologico: rafforzato l’obbligo di sostenere la mediazione

Nella Gazzetta Ufficiale del 13 aprile scorso sono state pubblicate alcune modifiche apportate dal CNF al codice deontologico forense.

Tra le novità, all’art. 20, viene previsto che la violazione dei doveri e delle regole di condotta imposti dalla legge o dalla deontologia, costituisce illecito disciplinare ai sensi dell’art. 51 comma 1 della legge professionale.

All’art.27, comma 3, tra i “doveri di informazione” previsti all’atto del conferimento dell’incarico, oltre al già presente obbligo di informare chiaramente la parte assistita, per iscritto, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione, si affianca il nuovo obbligo di informarla della possibilità di avvalersi della negoziazione assistita.

L’avvocato, poi, deve altresì informare la parte dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.

Gazzetta Ufficiale del 13.4.2016

La mediazione delegata va avviata concretamente e il mediatore può formulare una proposta anche in assenza di congiunta richiesta

  Tribunale di Siracusa, ordinanza 15.5.2018 – Est. Rizzo.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera. Nella mediazione c.d. “delegata” l’obbligatorietà non deriva dall’oggetto/materia della controversia, ma da una valutazione operata dal giudice in relazione alla potenziale “mediabilità” della lite. Ne deriva che il vaglio sulla possibilità di avviare la mediazione non può essere operato dalle parti al primo incontro informativo previsto dall’art. 8 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, poiché esso è già stato fatto dal giudice stesso prima di decidere di demandare la promozione della procedura.

Per questi motivi le parti devono, già in sede di primo incontro, iniziare immediatamente la discussione in ordine ai profili di merito della controversia e il mediatore può avanzare una proposta conciliativa, pur in assenza di congiunta richiesta delle parti ex art. 11, co. I d.lgs. 28/2010.

Se il compito del mediatore si riduce a verbalizzare la volontà delle parti, la mediazione si intende svolta?

 Tribunale di Santa M. Capua Vetere – sez. Caserta, ordinanza 06.4.2018 – Est. Bianco.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. Non può ritenersi correttamente svolta la mediazione quando il mediatore chiude negativamente il primo incontro limitandosi a prendere atto della volontà delle parti dichiarata a verbale (ad esempio, quando per il convenuto “non vi sono i presupposti della mediazione”, l’istante “prende atto della mancata volontà del convenuto” e il mediatore “preso atto delle dichiarazioni delle parti dichiara esaurita la fase del primo incontro”). Il mediatore, nell’invitare le parti e i loro procuratori a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, deve verificare se vi siano i presupposti giuridici e di fatto per poter procedere (come può essere, per esempio, una delibera che autorizza l’amministratore di condominio a stare in mediazione, un’autorizzazione del giudice tutelare per unminore oppure la presenza di tutte le parti in caso di litisconsorzio necessario).

Ciò significa che la funzione del mediatore non può risolversi nel chiedere alle parti se vogliono procedere, poiché il legislatore non ha detto che egli deve verificare la “volontà” delle parti e dei procuratori, ma invitarli a esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, aggiungendo che procede con lo svolgimento non “se le parti vogliono”, ma “nel caso positivo” della svolta verifica (rif. art. 8 d.lgs. 28/2010).

Mediazione, sempre necessaria la presenza personale della parte?

  Tribunale di Treviso, sentenza 25.5.2018.

Commento a cura dell’Avv. Guido Trabucchi. All’incontro col mediatore le parti devono partecipare personalmente, laddove è testualmente prevista la regola della necessaria dualità soggettiva (” le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”).

Pur avendo presente il diverso e consistente orientamento secondo cui la partecipazione in mediazione costituisce attività personalissima che la parte non può delegare al difensore, pena pronunzia di improcedibilità della domanda (Trib. Vasto 9 marzo 2015, Trib. Pavia 9 marzo 2015, Tribunale di Ferrara, 28.7.2016, Trib. di Firenze 19 marzo 2014), il tribunale di Treviso ritiene di non aderire ad un orientamento così rigoroso, atteso che, in particolare ove si controverta di situazioni giuridiche di natura patrimoniale, nulla osta a che la parte rilasci un’apposita procura speciale a terzi o allo stesso avvocato, conferendo a costoro poteri di rappresentanza sostanziale da esercitare in seno al procedimento di mediazione.

La mediazione non esperita e il difetto di mediazione non rilevato dal giudice di primo grado rendono improcedibile il giudizio di appello?

 Corte di Appello di Ancona, sentenza 23.5.2017 – Est.Pastore.

Commento a cura dell’Avv. Massimiliano Paolettoni. Se nel primo grado di giudizio le parti non esperiscono la mediazione e il giudice non rileva, d’ufficio, la improcedibilità della domanda, il giudice del gravame può dichiarare improcedibile l’appello.

Secondo la Corte, la tempestiva rilevabilità d’ufficio dell’improcedibilità per difetto di mediazione è obbligatoria per il giudice di primo grado, trattandosi di un indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo.

Ne deriva che, indipendentemente dalle doglianze delle parti, laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’insussistenza, anche in termini di validità.

Al giudice del gravame non è poi consentito sanare d’ufficio il vizio di procedibilità mettendo le parti in condizione di sanare l’omessa o irrituale mediazione. Per tali motivi la pronunzia di merito di primo grado è nulla e la domanda d’appello improcedibile.