La mediazione è volontaria? E’ obbligatorio partecipare

imagesTribunale di Verona, sentenza 16.02.2016

Se fino ad ora è stata ritenuta “pacifica” la non obbligatorietà della partecipazione alla mediazione volontaria, il Tribunale di Verona, rende questo principio meno sicuro, nelle motivazioni della sentenza emessa dal Giudice, dott. Vaccari, in data 16.02.2016.

La pronuncia arriva a conclusione di un procedimento avente ad oggetto la richiesta di pagamento della somma di euro 300.000,00 a titolo di compenso e/o risarcimento dei danni per lo svolgimento di un incarico volto all’individuazione dei fondi di private equity interessati ad acquistare le partecipazioni di una s.p.a., operante nella produzione e commercializzazione di vini, di cui i convenuti erano i titolari.

Nella sentenza, infatti, dapprima si dichiara che la domanda giudiziale è infondata, in quanto le risultanze istruttorie non sono sovvertite dal solo argomento di prova, costituito dalla mancata partecipazione alla mediazione, promossa prima del giudizio.

Ma, prosegue  il Giudice, i “convenuti vanno condannati a corrispondere una somma pari al contributo unificato (euro 1.056,00), in applicazione del disposto dell’art. 8, comma 4 bis, secondo periodo del d.Lgs. 28/2010 come previsto dalla legge introduttiva del procedimento di mediazione.”

E’ quindi la prima volta che l’art. 4 bis del decreto sopra citato viene applicato anche a procedimenti di mediazione avente natura volontaria, in quanto è una norma che “regola il procedimento di mediazione in generale”.

E ciò inevitabilmente porta a vedere il successivo giudizio, instaurato sulle ceneri di una mediazione mai avvenuta, con uno sguardo di più ampio respiro, rendendo sanzionabile chi, sottraendosi alla procedura stragiudiziale, provoca il giudizio.

La ratio della norma viene poi calata nello specifico contesto, allorchè la non partecipazione alla mediazione da parte dei convenuti non è stata supportata da alcuna motivazione, sino alla formulazione delle istanze istruttorie.

E’ solo in sede di discussione, infatti, rileva ancora il Dott. Vaccari, che il difensore ha tentato di giustificare tale assenza ma nel far ciò, viene evidenziata la convinzione aprioristica della fondatezza delle pretese dei convenuti, non integrando, in tal modo quel “giustificato motivo di assenza che vale a sottrarre la parte, che non compare in mediazione, alla sanzione pecuniaria”.

Se così non fosse, infatti, non si verrebbe mai ad applicare il disposto normativo, in quanto, ciascuna parte che agisce in un giudizio o resiste, ha la convinzione della fondatezza e bontà delle proprie pretese.

Dott. Fabio Felicini

L’avvio della mediazione è a carico del debitore opponente.

Tribunale di Mantova, sentenza 19.01.2016

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il termine assegnato dal giudice per esperire la mediazione riveste carattere perentorio, con la conseguenza che il tardivo deposito della istanza determina l’improcedibilità della domanda.

Circa la parte su cui grava l’onere di avvio della mediazione, il Tribunale di Mantova sposa l’interpretazione espressa dalla Suprema Corte nella sentenza n. 24629/2015, secondo cui onerata è parte opponente che ha tanto l’interesse quanto il potere di iniziare il processo.

Secondo il giudice di merito, difatti, la diversa soluzione operata da altra parte della giurisprudenza condurrebbe ad un risultato opposto rispetto a quello – deflattivo per il sistema giudiziario – che l’istituto della mediazione si propone di raggiungere, e ciò per le seguenti ragioni:

-imporrebbe all’opposta che già è munita di un decreto ingiuntivo che si consolida in caso di estinzione del giudizio di opposizione e che può dirsi non interessata alla prosecuzione della lite, di attivarsi anche laddove parte opponente non si dimostri più interessata all’esito della stessa;

– in presenza di una situazione di accomodamento di entrambe le parti sul contenuto del decreto ingiuntivo opposto, verrebbe onerato l‘opposto di proseguire il giudizio al fine di esperire un inutile procedimento di mediazione;

– la parte opposta che dovesse avere sostenuto le spese vive nell’ambito della mediazione, non essendoci più ostacoli di procedibilità sino alla decisione definitiva del merito, diffìcilmente sarebbe indotta all’abbandono della lite, anche in presenza di un atteggiamento di sostanziale abbandono da parte dell’opponente e ciò importerebbe la permanenza di una causa sul ruolo invece che l’eliminazione della stessa;

– in caso di inosservanza dell’onere di procedere a mediazione, in seguito alla revoca del decreto opposto ed in seguito all’eventuale fallimento del tentativo di mediazione successivamente esperito, la causa di merito verrebbe puntualmente riproposta, con l’effetto pratico che tale interpretazione condurrebbe alla permanenza della lite sul ruolo del giudice invece che alla formazione del giudicato sul rapporto oggetto dei decreto ingiuntivo.

Giudizio di opposizione a sfratto: onere di avvio della mediazione a carico della parte che ha interesse.

Tribunale di Verona, sentenza 18.01.2016

Nel giudizio di opposizione allo sfratto, disposto il mutamento del rito il giudice assegna il termine per l’avvio della procedura di mediazione.

La parte su cui grava l’onere di avvio è quella che ha interesse alla prosecuzione del giudizio, ovvero la parte intimante nel caso in cui il resistente non ha azionato alcuna domanda riconvenzionale.

All’omesso avvio non può che seguire l’improcedibilità della domanda.

 

Se l’opponente non avvia la mediazione il giudice conferma il decreto ingiuntivo.

Tribunale di Verona, sentenza 20.10.2015

In linea generale l’inattività della parte entro il termine fissato dal giudice non può che essere sanzionata con l’estinzione del procedimento cui essa inerisce.

Nello specifico del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui il giudice non precisi su quale delle parti è posto l’onere di avvio della mediazione, non può che intendersi onerato dell’iniziativa l’attore formale – opponente.

Nella mediazione le parti devono partecipare personalmente e con i rispettivi difensori.

Tribunale di Verona, ordinanza 21.9.2015

Nella mediazione civile la condizione di procedibilità non si considera avverata se avanti al mediatore non compaiano personalmente le parti ex art. 8 d.lgs cit. ma soltanto i difensori (cfr. Trib. Firenze Sez. II, 19-03-2014 e Trib. Bologna Sez. I, 05-06-2014).

Dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, il giudice potrà trarre argomenti di prova utili ai fini della decisione ex art. 116 c.p.c., ed in ogni caso condannare la parte al pagamento di una somma pari al contributo unificato in favore dello Stato ex art. 8 d.lgs 28/10.

Circolare Consiglio Nazionale Forense

Circolare Consiglio Nazionale Forense Sommario: La competenza territoriale dell’Organismo di mediazione L’assistenza tecnica Il primo incontro di mediazione L’accordo conciliativo Organismi di mediazione forense e revisione delle circoscrizioni giudiziarie

La perizia svolta in mediazione su incarico dell’Organismo è utilizzabile nel processo.

Trib. di Parma, ordinanza 13/03/2015. La perizia disposta dal mediatore è attendibile e utilizzabile nel processo in quanto l’incarico del consulente tecnico viene conferito da un terzo estraneo alla lite qual è l’Organismo di Mediazione e non dalla parte.

Tribunale di Parma, ordinanza 13.3.2015

 Tribunale di Parma
Sezione civile 1°

Il GU dott. Angela Chiari

Esaminato il ricorso presentato a norma degli artt. 670 e 700 c.p.c. da …. ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

– Considerato che la ricorrente ha chiesto in via principale il sequestro giudiziario di dieci cambiali dell’importo unitario di euro 1.600,00 in possesso della Banca resistente, emesse da XX a seguito di un piano di rientro stipulato tra le parti a fronte di un’esposizione debitoria di … nei confronti della Banca, dell’ammontare complessivo di euro 27.200,00 derivante da rapporto di conto corrente bancario e di finanziamento.
– Rilevato che XX Ha allegato di avere corrisposto gli importi concordati fino al dicembre
2014, di avere contestato l’ammontare del credito vantato dalla resistente e di avere promosso la procedura di mediazione obbligatoria;
– Osservato che nel corso della procedura di mediazione, a cui la banca non si è presentata, il mediatore nominava un consulente tecnico per la verifica delle contestazioni formulate dall’attrice in ordine all’applicazione di interessi superiori al tasso soglia tempo per tempo vigente;
– Rilevato che il consulente nominato dal mediatore, Prof. Mattia Iotti, ha rilevato che “il totale degli addebiti legittimi a carico del correntista è compreso tra un minimo di euro
22.687,43 e un massimo di euro 41.188,82”;
– Osservato, in particolare, che il consulente ha evidenziato addebiti oltre la soglia di usura per euro 22.867,43 ed ha allegato il prospetto dei singoli trimestri analizzati dal 2005 al 2209;
– Considerato specificamente che il tecnico nominato dal mediatore indica come superato il tasso soglia già nel secondo trimestre 2015 e il contratto di conto corrente risulta stipulato il 18 aprile 2005;
– Rilevato che con provvedimento emesso inaudita altera parte il 22 dicembre 2014 lo scrivente giudice ha autorizzato il sequestro giudiziario delle cambiali;
– Osservato che Banca si è costituita in giudizio ed ha contestato la domanda cautelare, rilevando in particolare che :
– il credito della Banca era stato riconosciuto dalla ricorrente, la quale si era impegnata a
corrispondere …. euro in base ad un piano di rientro concordato tra le parti;
– la perizia disposta in sede di mediazione era irrituale, in quanto svolta in mancanza di contraddittorio con la banca, la quale non aveva partecipato alla mediazione;
– la formula utilizzata dal perito nominato dal mediatore per il calcolo del tasso effettivo
globale era differente rispetto a quella indicata nelle istruzioni della Banca d ‘Italia emanate fino al 2009, istruzioni che escludevano dal calcolo del TEG la commissione di massimo scoperto;
– Rilevato che, benché la ricorrente non abbia esplicitamente indicato petitum e causa petendi delle domande oggetto dell’instaurando giudizio di merito, pare evidente dal contesto del ricorso che la ricorrente intende proporre domanda volta all’accertamento dell’illegittima applicazione di interessi ultra soglia e alla rideterminazione del credito vantato dalla banca, con condanna della resistente alla restituzione delle cambiali emesse in base al citato accordo a garanzia del credito della banca;
– Osservato che la domanda cautelare appare dunque ammissibile e che in ordine all’ ammissibilità nessun rilievo ha svolto la resistente che si è, invero, difesa solo nel merito;
– Considerato che “ in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti” (Cass. Sez. I, n. 19792 del 19.9.2014);
– Osservato che pertanto il riconoscimento di debito contenuto con il pano di rientro non impedisce alla ricorrente di contestare l’eventuale usurarietà degli interessi applicati;
– Rilevato che la circostanza che la perizia disposta dal mediatore sia o meno rituale non inficia l’attendibilità dell’esame condotto dal Prof. Iotti, il quale veniva a ciò incaricato non dalla parte ma da un terzo estraneo alla lite, quale è l’organismo di mediazione;
– Rilevato che, alla luce della perizia in atti, appare sussistere il fumus boni jurus;
– Osservato in particolare che la tesi della resistente in rodine alla non computabilità della commissione di massimo scoperto nella determinazione del tasso soglia fino all’agosto 2009 (data a partire dalla quale la Banca d’Italia ha iniziato a ricomprendere la commissione di massimo scoperto nella rilevazione dei tassi soglia ai fini dell’usura), pure sostenuta dea autorevole giurisprudenza di merito, è sconfessata dalla Cassazione penale, la quale afferma che “Nella determinazione del tasso di interesse ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto obbligazionario rilevante sia con istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all’utente in connessione con l’utilizzazione del credito e quindi anche della ‘commissione di massimo scoperto’, che è costo indiscutibilmente legato all’erogazione del credito” (Cass. Pen. Sez. 2, n. 28743 del 14.05.2010; conf. Cass. Pen. Sez. 2, n. 12028 del 19.02.2010);
– Rilevato pertanto che, alla luce della cognizione sommaria propria della presente fase cautelare , a fronte della perizia in atti che attesta come indebitamente applicati tassi ultra soglia per almeno 22.800,oo euro, appare sussistere il fumus boni juris della dedotta insussistenza del credito a garanzia del quale sono state emesse le cambiali per un importo complessivo di 16.000,00 euro.
– Rilevato che presupposto del sequestro giudiziario non è il pericolo di danno grave come previsto per i provvedimenti d’urgenza ex art. 7000 c.p.c., bensì l’opportunità di provvedere alla custodia o gestione temporanea di un bene (nella specie, cambiali) nelle more del giudizio di merito in considerazione del rischio, sia pure astratto che i convenuto compia atti di disposizione dei beni controversi.
– Ritenuto che deve ritenersi ammissibile il sequestro giudiziario di titoli di credito (cfr. Tribunale Verona, 23 agosto 2001; Tribunale Monza, 12 aprile 2001; Tribunale Foggia, 10 febbraio 2004; Tribunale Milano, 6 febbraio 2002; Tribunale Bergamo, Sezione distaccata di Grumello del Monte –BG-, ordinanza 21 novembre 2000; Tribunale di Nocera Inferiore, sez. II, 17 febbraio 2010, n. 187; Tribunale di Roma, sez. fer. 23 luglio 2003);
– Rilevato, invero, che la controversia sull’appartenenza di essi, quale presupposto per la concessione di un sequestro giudiziario, sussiste non solo quando siano esperite azioni dirette specificamente a far valere il diritto alla restituzione di titoli emessi, ma anche in presenza di un’azione contrattuale o personale che, se accolta, importi la condanna alla restituzione dei beni controversi (Tribunale Venezia, 27 marzo 2002; cfr. anche Tribunale di Milano, 6 febbraio 2002 a mente del quale “l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato accoglie, nell’ipotesi prevista dall’art. 670 c.p.c. una nozione estensiva di controversia sulla proprietà e sul possesso che vi comprende anche le azioni di natura diversa da quella reale, tra cui azioni personali e basate su semplici diritti di credito dalle quali possa derivare una condanna alla restituzione o al rilascio”);
– Considerato infatti che il termine possesso, utilizzato dal legislatore nel testo normativa dell’ art. 670 c.p.c. non va inteso in senso letterale, rientrandovi anche l’ipotesi di detenzione (cassazione, 16 novembre 1995, n. 9645, 28 aprile 1994, n. 4039);
– Rilevato in particolare che deve ritenersi ammissibile il sequestro laddove il titolo sia, come nella fattispecie, nel possesso diretto del contraente (cfr. Tribunale Foggia, 10 febbraio 2004);
– Rilevato che la resistente non contesta di essere nella detenzione dei titoli in questione, sicché l’autorizzazione ad eseguire la misura non appare idonea ad incidere sulla legge di circolazione del titolo;
– Osservato che il ricorrente si trova esposto non solo al rischio che il titolo venga incassato, ma anche che venga girato a terzi, ai quali non saranno opponibili le eccezioni della resistente in ordine al rapporto sottostante

P . Q . M .

Conferma il provvedimento ex art. 670 cpc adottato con decreto del 22.12.2014. Dispone con la presente ordinanza la trasmissione degli atti alla Procura della repubblica in sede per gli eventuali accertamenti di competenza in ordine al reato di usura, richiamando le considerazioni di cui in parte motiva.
Manda alla Cancelleria affinché trasmetta alla Procura copia del presente provvedimento unitamente a copia del doc. 1 e del doc. 8 di parte corrente.
Spese al merito.
Così deciso in Parma il 13.03.2015
Il Giudice

Dr.ssa Angela Chiari

Compagnia assicurativa assente in mediazione e condannata per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.

Trib. di Roma, Sez, XIII Civile, sentenza 29.5. 2014. Il Tribunale di Roma nella persona del dott. Moriconi, ha condannato la compagnia di assicurazione al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio e ad un ulteriore importo di natura indennitaria pari al doppio delle spese processuali a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., per non aver partecipato alla mediazione demandata dal giudice senza giustificato motivo e, quindi, per non aver consentito il corretto esplicarsi dei nuovi strumenti conciliativi endoprocessuali.

Secondo il giudice capitolino, la parte non può limitarsi ad opporre quale giustificato motivo della mancata partecipazione alla mediazione, l’idea che la propria posizione sia fondata rispetto alle tesi della controparte, poiché in tali casi ci sarebbe comunque da parte di tutti un giustificato motivo per non comparire.

Poiché, invece, la mediazione nasce da un contrasto tra le parti che il mediatore esperto tenta di dirimere, non può esserci alcuna presa di posizione preconcetta fondata su ragioni proprie ma occorre invece una partecipazione effettiva.

Condanna al pagamento delle sanzioni di legge per il convenuto assente in mediazione

Trib. di Roma, sez. dis. di Ostia, sentenza 05/07/2012 n.275.

La sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da chi lo invoca.

La mancata comparizione della parte regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA SEZIONEDISTACCATA DI OSTIA

REPUBBLICA ITALIANA

Il   Giudice   dott. cons.  Massimo Moriconi

nella   causa tra

B. (avv.to L. V. C.) intimante

E

X di S. M. &. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro tempore (avv.M. D.)

intimato contumace

ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art.281 sexies cpc, alla pubblica udienza del 5.7.2012 dando lettura del dispositivo e della presente motivazione, facente parte integrale del verbale di udienza, la seguente

S  E  N  T  E  N  Z A

letti gli atti e le istanze delle parti, osserva:

le domande dell’attore sono risultate pienamente fondate.

Le eccezioni del conduttore non sono fondate.

Devi ritenere anche alla luce di quanto si dirà in prosieguo che l’ammontare del canone della locazione commerciale, scagliona- to negli importi e progressivamente crescente nel corso degli anni, è stato espressamente previsto al fine di favorire l’avvia- mento dell’attività commerciale del conduttore e non per fare conseguire al locatore un (illecito) beneficio, in termini di riva- lutazione, maggiore di quello previsto dalla legge: ne consegue la perfetta legittimità della pattuizione.

Né sono stati offerti dal conduttore elementi a comprova di una diversa volontà delle parti.

Va altresì considerato che inviate le parti in mediazione all’esito del mutamento del rito dopo la fase sommaria di convalida, nel- la quale il giudice aveva emesso ordinanza di rilascio, il condut- tore non è comparso benché ritualmente convocato.

La mancata partecipazione al procedimento di mediazione, ritualmente avviato, da parte del convenuto convocato.

Occorre valutare le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente convocato al procedimento di media- zione attivato dall’intimante, su impulso del giudice ex art.5 decr.lgsl.28/10 primo comma (mediazione obbligatoria).

L’art.8 del decr. lgsl 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo – della parte convocata – al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’arti- colo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argo-mento di prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.

Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.

Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.

È espressione della prima teoria l’insegnamento della giurispru- denza di legittimità secondo cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a desumere argomenti  di prova dalle risposte date dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità neces- saria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre “argomenti di prova”, e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e moti- vata tenendo conto di tutte le altre risultanze (fra le tante Cas- sazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).

La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso  la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.

La norma dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8 decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amiche- vole che prevenga o ponga fine alle liti.

Ne consegue, tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.

Va considerato che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze, economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi; sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge.

È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo. Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto.

A favore o contro la parte non comparsa in mediazione.

Ed infatti lo strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.

L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fat- to dal quale si può fondare direttamente il convincimento.

Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità probatoria indiret- ta degli indizi.

E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729 cc) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.

Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.

Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma – art.116 cpc n.d.r.- in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa solo che il comporta- mento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n.3800).

Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbliga- toria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.

Nel caso di specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° e dell’art.116 cpc, si ritiene raggiunta la prova della infondatezza delle eccezioni della convenuta, ritenendosi al tempo superata la necessità sia di approfondire l’aspetto relativo alla reale ragione della differenziazione in au- mento dei canoni e sia dell’esatto ammontare dei mancati paga- menti, che in ogni caso, ammessi nell’an, risultano di rilevante importo.

Nel caso in esame, infatti, sussistono come visto a carico del conduttore elementi documentali provenienti dalla stessa parte intimata, vale a dire la sottoscrizione di un contratto nel quale è stata esposta una causale della differenziazione in aumento del- l’ammontare del canone di locazione commerciale rispetto al primo anno, che consentono di ritenere che il mancato paga- mento da parte del medesimo dei canoni nella misura    pattuita,

anche alla luce della circostanza della mancata comparizione  del conduttore davanti al mediatore pur essendo stato regolarmente convocato per l’esperimento di mediazione, costituisca inadempimento ingiustificato agli obblighi contrattuali

Va altresì aggiunto che ratione temporis (la citazione per convalida di sfratto è stata notificata nell’ottobre 2011) le norme degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° sono pienamente ed interamente, cfr. infra , applicabili alla fattispecie.

Trattandosi di obbligazioni pecuniarie incombeva al convenuto dimostrare l’avvenuto pagamento (forma normale di estinzione delle obbligazioni di tal genere) ovvero altro fatto estintivo.

In mancanza va ritenuto sussistente l’inadempimento; grave ai sensi dell’art.1455 cc con conseguente risoluzione del contratto.

Il convento va altresì condannato al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere nonché degli accessori oltre agli interessi.

Va altresì segnalato che l’art.8 del decr.lgsl 28/10 al comma 5° dispone che il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contri- buto unificato dovuto per il giudizio (D.L. 13 agosto 2011, n. 138 coordinato con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148).

La sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da chi lo invoca: non avendo il conduttore neppure allegato alcuna giustificazione, il medesimo va condannato al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma pari al € 111,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

La sentenza  è per legge esecutiva.

P.Q.M.

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:

DICHIARA risolto il contratto di locazione relativo all’immobile di Roma via delle Baleari n.90 piano terra pal C sc.C ;

ORDINA alla X di S. M. &. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro  tempore  il  rilascio  in  favore  di         B. dell’immobile suddetto libero da persone e cose fissando per l’esecuzione il 20.9.2012;

CONDANNA la X di S. M. &. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’intimante dei canoni di locazione maturati alla data di ott.2011 pari ad €.8.200,00 oltre quelli maturati successivamente e fino al rilascio nonché della somma di €.1.309 per oneri condominiali; oltre interessi legali dalle scadenze e fino al saldo;

DICHIARA priva di giustificato motivo la mancata comparizione della intimata al procedimento di mediazione;

CONDANNA la X di S. M. &. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’Erario della somma di €.111,00, oltre interessi dalla data della domanda fino al saldo; mandando alla cancelleria per la riscossione;

CONDANNA la X di S. M. &. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di R. B. in complessivi €.1.600,00  di   cui €.300,00 per spese, oltre IVA e CAP;

SENTENZA – Ostia lì 5.7.2012

Il  Giudice dott.cons. Massimo Moriconi