L’assenza in mediazione può contrastare con l’interesse a ottenere un provvedimento immediatamente esecutivo

 Tribunale di Roma, ordinanza 26.6.2018 – Est. Cerenzia.

Commento a cura dell’avv. Aldo Corcioni. L’obbligo di partecipazione in mediazione effettiva a carico di entrambe le parti si desume dal disposto ex art. 8 co. 4 bis. Nell’ipotesi di mancata partecipazione si deve intendere non solo l’assenza ma anche il rifiuto ingiustificato, trattandosi di condotte omissive equivalenti, in quanto idonee a frustrare la stessa possibilità di tentare la mediazione (in coerenza anche con l’art. 88 cpc, sul dovere di lealtà). Tale condotta omissiva o comunque non collaborativa può contrastare con l’interesse ad ottenere un provvedimento immediatamente esecutivo qual è la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.

Omessa mediazione: quando il giudice può dichiarare la improcedibilità dell’azione?

 Tribunale di Arezzo, sentenza 6.7.2018 – Est. Labella.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera. Il giudice, dopo aver rilevato d’ufficio, entro la prima udienza, l’improcedibilità dell’azione per mancato esperimento del procedimento di mediazione, non può limitarsi ad emettere una sentenza in rito di improcedibilità, ma deve, prima di tutto, assegnare contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Solo in quest’ultima ipotesi, se la parte non avvia la mediazione, il giudice potrà dichiarare la improcedibilità della domanda.

 

Il mediatore non fissa il primo incontro? Rischio improcedibilità se l’avvocato non lo sollecita formalmente

 Tribunale di Treviso, sentenza 19.9.2017 – Est. Deli.

Commento a cura dell’avv. Simone Tagliaferro. E’ improcedibile il giudizio se l’opponente deposita tempestivamente l’istanza di mediazione ma l’incontro non si svolge per inerzia del mediatore. Quando la parte si rende conto che la sua domanda di mediazione non ha ricevuto seguito, è necessaria un’ulteriore attività per sollecitare il mediatore all’apertura e la fissazione del prescritto incontro, come un’ulteriore e formale istanza e/o la messa in mora.

Difatti, è “L’esperimento del procedimento di mediazione” che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e non il deposito della domanda di mediazione.

Quando scade il termine per impugnare la delibera di condomino dopo il verbale negativo di mediazione?

  Tribunale di Verona, sentenza 08.3.2018 – Est. Chiavegatti.

Commento dell’avv. Guido Trabucchi. Dopo una mediazione fallita in tema di impugnazione di delibere condominiale, per ricorrere in tribunale si avrebbe un numero di giorni pari alla differenza tra i trenta giorni previsti dal codice civile e quelli intercorsi fino alla comunicazione dell’istanza di mediazione. Invece, trattandosi di interruzione del termine di 30 giorni, dopo il deposito del verbale negativo della mediazione, si hanno da capo tutti 30 giorni per depositare la domanda in tribunale (o dal giudice di pace a seconda della competenza).

La consulenza in mediazione? se ben svolta è utilizzabile dal giudice per una proposta

 Tribunale di Roma, ordinanza 12.7.2018 – Est. Moriconi.

Commento a cura dell’avv. Massimiliano Paolettoni. E’ possibile svolgere una consulenza tecnica in mediazione se il convenuto resta contumace, pur se trattasi della pubblica amministrazione. La consulenza, se ben svolta, può essere utilizzata dal giudice per formulare una proposta, come è avvenuto nel caso in esame.  Peraltro, va considerato che una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo provvedimento del giudice, corredato da indicazioni motivazionali, in nessun caso potrebbe esporre il funzionario a responsabilità erariale, caso mai potendo essa derivare dalle conseguenze sanzionatorie (art. 96 III° cpc) che possono conseguire ad una condotta deresponsabilizzata ignava ed agnostica della P.A.

La parte assente in mediazione può farsi rappresentare da un terzo munito del potere di rappresentanza?

 Tribunale di Roma, ordinanza 12.3.2018 – Est. Moriconi.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. Per giurisprudenza di merito pressoché costante, in mediazione occorre la presenza dell’avvocato e della parte.

La parte, persona fisica, inoltre, deve essere presente personalmente e non farsi rappresentare da un terzo munito del potere di rappresentanza (salvo casi eccezionali di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona).

Il mandato, difatti, necessita, per la sicurezza del mandante, del mandatario e del terzo, di istruzioni e poteri certi, chiari e ben delineati. Ciò rende assai problematica la difficoltà di ammettere in via generale la rappresentanza della persona fisica in mediazione.

In primo luogo per le valutazioni, ponderazioni e scelte del tutto discrezionali e non facilmente preventivabili a monte che il soggetto presente si trova ad assumere nel corso degli incontri di mediazione.

In secondo luogo non può essere trascurata la circostanza che solo la parte conosce realmente e profondamente quali sono i suoi interessi, quali quelli fermi ed irrinunciabili e quali quelli che tali non sono. Come dire che solo la parte personalmente è portatrice delle necessarie e complete conoscenze degli interessi che muovono il suo agire. L’eventuale paragone con quanto accade nella causa dove il difensore può essere specificamente dotato di poteri dispositivi non regge in quanto l’elemento fondamentale che distingue la transazione giudiziale dalla più frequente conciliazione in mediazione è l’assenza, in questa procedura, dei limiti segnati, nella sede giudiziale, dalla causa petendi e dal petitum.

In terzo luogo, la sottoscrizione (di una procura) non autenticata può essere facilmente messa in discussione dal titolare del diritto, assente in mediazione, che non abbia condiviso (o abbia ripensato la convenienza del)l’accordo negoziato e raggiunto in suo nome dal rappresentante.

Si deve pertanto ritenere che la necessaria partecipazione personale, non delegabile a terzo soggetto, salvo casi eccezionali, è insita nella natura stessa delle attività da compiere e implicita ed ineludibile nella corretta interpretazione del decr.lgsl.28/2010

La mediazione delegata va avviata concretamente e il mediatore può formulare una proposta anche in assenza di congiunta richiesta

  Tribunale di Siracusa, ordinanza 15.5.2018 – Est. Rizzo.

Commento a cura dell’avv. Elisa Fichera. Nella mediazione c.d. “delegata” l’obbligatorietà non deriva dall’oggetto/materia della controversia, ma da una valutazione operata dal giudice in relazione alla potenziale “mediabilità” della lite. Ne deriva che il vaglio sulla possibilità di avviare la mediazione non può essere operato dalle parti al primo incontro informativo previsto dall’art. 8 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, poiché esso è già stato fatto dal giudice stesso prima di decidere di demandare la promozione della procedura.

Per questi motivi le parti devono, già in sede di primo incontro, iniziare immediatamente la discussione in ordine ai profili di merito della controversia e il mediatore può avanzare una proposta conciliativa, pur in assenza di congiunta richiesta delle parti ex art. 11, co. I d.lgs. 28/2010.

Se il compito del mediatore si riduce a verbalizzare la volontà delle parti, la mediazione si intende svolta?

 Tribunale di Santa M. Capua Vetere – sez. Caserta, ordinanza 06.4.2018 – Est. Bianco.

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Ruotolo. Non può ritenersi correttamente svolta la mediazione quando il mediatore chiude negativamente il primo incontro limitandosi a prendere atto della volontà delle parti dichiarata a verbale (ad esempio, quando per il convenuto “non vi sono i presupposti della mediazione”, l’istante “prende atto della mancata volontà del convenuto” e il mediatore “preso atto delle dichiarazioni delle parti dichiara esaurita la fase del primo incontro”). Il mediatore, nell’invitare le parti e i loro procuratori a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, deve verificare se vi siano i presupposti giuridici e di fatto per poter procedere (come può essere, per esempio, una delibera che autorizza l’amministratore di condominio a stare in mediazione, un’autorizzazione del giudice tutelare per unminore oppure la presenza di tutte le parti in caso di litisconsorzio necessario).

Ciò significa che la funzione del mediatore non può risolversi nel chiedere alle parti se vogliono procedere, poiché il legislatore non ha detto che egli deve verificare la “volontà” delle parti e dei procuratori, ma invitarli a esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, aggiungendo che procede con lo svolgimento non “se le parti vogliono”, ma “nel caso positivo” della svolta verifica (rif. art. 8 d.lgs. 28/2010).

Mediazione, sempre necessaria la presenza personale della parte?

  Tribunale di Treviso, sentenza 25.5.2018.

Commento a cura dell’Avv. Guido Trabucchi. All’incontro col mediatore le parti devono partecipare personalmente, laddove è testualmente prevista la regola della necessaria dualità soggettiva (” le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”).

Pur avendo presente il diverso e consistente orientamento secondo cui la partecipazione in mediazione costituisce attività personalissima che la parte non può delegare al difensore, pena pronunzia di improcedibilità della domanda (Trib. Vasto 9 marzo 2015, Trib. Pavia 9 marzo 2015, Tribunale di Ferrara, 28.7.2016, Trib. di Firenze 19 marzo 2014), il tribunale di Treviso ritiene di non aderire ad un orientamento così rigoroso, atteso che, in particolare ove si controverta di situazioni giuridiche di natura patrimoniale, nulla osta a che la parte rilasci un’apposita procura speciale a terzi o allo stesso avvocato, conferendo a costoro poteri di rappresentanza sostanziale da esercitare in seno al procedimento di mediazione.

La mediazione non esperita e il difetto di mediazione non rilevato dal giudice di primo grado rendono improcedibile il giudizio di appello?

 Corte di Appello di Ancona, sentenza 23.5.2017 – Est.Pastore.

Commento a cura dell’Avv. Massimiliano Paolettoni. Se nel primo grado di giudizio le parti non esperiscono la mediazione e il giudice non rileva, d’ufficio, la improcedibilità della domanda, il giudice del gravame può dichiarare improcedibile l’appello.

Secondo la Corte, la tempestiva rilevabilità d’ufficio dell’improcedibilità per difetto di mediazione è obbligatoria per il giudice di primo grado, trattandosi di un indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo.

Ne deriva che, indipendentemente dalle doglianze delle parti, laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’insussistenza, anche in termini di validità.

Al giudice del gravame non è poi consentito sanare d’ufficio il vizio di procedibilità mettendo le parti in condizione di sanare l’omessa o irrituale mediazione. Per tali motivi la pronunzia di merito di primo grado è nulla e la domanda d’appello improcedibile.