Ruolo dell’avvocato in mediazione

Autore: Avvocato Elisa Fichera, Mediatore in Verona.

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I veri protagonisti della mediazione sono ovviamente le PARTI ma non si può dimenticare il fondamentale ruolo che assume l’AVVOCATO.

La sfida per il rinnovamento della professione forense è lanciata. L’avvocato ora può ambire a divenire il motore propulsore della rinascita di un sistema sostenibile della giustizia civile e, per ciò stesso, adeguato, coerente, efficace ed efficiente.
Con l’affermarsi della mediazione quale sistema di composizione preventivo delle controversie civili e commerciali, l’avvocato ri-espande i suoi orizzonti ritornando agli antichi compiti della professione eppure con l’acquisizione di nuove e più avanzate competenze e con l’obiettivo di porsi quale cardine di un complesso sistema complementare e integrato di dispute resolution.
CICERONE: definiva l’attività del giurista con tre verbi: Respondere – Agere – Cavere (De Oratore 1.212) RESPONDERE – Respònsa prudèntium [lett. “pareri dei giuristi”] : consisteva nel dare ai privati una risposta sui quesiti che essi sottoponevano al giureconsulto;

AGERE: consisteva nel suggerire i principî del diritto e le decisioni delle controversie ai difensori delle parti e nel coadiuvarli personalmente durante la difesa.

Fu perciò detto la scienza delle formalità.
Talvolta, però, l’agere era inteso nella prestazione di aiuti e suggerimenti ai magistrati nell’amministrazione della giustizia.
CAVERE: consisteva nel consigliare le clausole dei contratti e le cautele atte ad assicurare i diritti che ne derivavano, e a prevenire le controversie che ne potessero sorgere.
Anche la Cassazione di recente ha avuto modo di rilevare come con la riforma della mediazione attuata nel 2013, che ha introdotto la presenza necessaria dell’avvocato in mediazione, sia stata affiancata alla figura dell’avvocato esperto in tecniche processuali che “rappresenta” la parte nel processo, quella dell’avvocato esperto in tecniche negoziali che “assiste” la parte nella procedura di mediazione.
Ciò segna quindi – secondo la Suprema Corte – «la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate» (Cass. civ. Sez. III, sent. 27 marzo 2019, n. 8473).

D’altronde la svolta dell’avvocatura verso la mediazione e verso i sistemi negoziali di composizione delle liti civili e commerciali è stata segnata nel 2016 dal Congresso Nazionale Forense che si è celebrato a Rimini, svolta che si è poi consolidata anche nella più recente assise assembleare svoltasi a Roma per il rafforzamento della mediazione anche in chiave obbligatoria, proponendo l’avvocato quale protagonista dell’evoluzione del sistema della giustizia civile in una prospettiva non meramente antagonistica e orientata al processo, ma sempre più coesistenziale e, per ciò stesso,
anche sostenibile.
Così anche il vigente Codice deontologico forense (approvato nel 2014) diviene un punto di riferimento fondamentale in quanto non solo impone all’avvocato – all’atto del conferimento dell’incarico – di informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge, ma anche dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.
In questa prospettiva assumono fondamentale rilievo alcuni articoli del codice deontologico tra i tanti, senza pretesa di esaustività, si ritiene importante richiamare in particolare l’art. 27 (nel testo aggiornato 2018) che riguarda i doveri di informazione (1). , l’art. 9 inerente i – Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza (2), , l’art. 14 che riguarda il Dovere di competenza (3), ed infine l’art. 26 riguardante l’Adempimento del mandato (4).

Un’attenzione particolare è altresì riservata, proprio agli avvocati, dalla “guida” approvata nel dicembre 2018 dal CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia) del Consiglio d’Europa (5).

Si tratta più precisamente di un documento che si pone l’obiettivo di garantire l’attuazione delle linee guida CEPEJ sulla mediazione e che contiene al suo interno una “guida alla mediazione per avvocati”.
Una guida che appare immediatamente di notevole interesse in quanto chiarisce quanto sia importante il ruolo dell’avvocato che “assiste” la parte in mediazione e che, quindi, non si sostituisce alla stessa, ma svolge funzioni del tutto diverse «dal contraddittorio processuale giudiziario.
Gli avvocati che applicano un approccio più cooperativo e costruttivo nella mediazione, possono aiutare i mediatori a guidare in modo efficace le parti verso un accordo, garantendo così che i loro clienti ottengano una soluzione alle loro controversie che rifletta meglio i loro interessi e bisogni reali».
Il RUOLO DELL’AVVOCATO NELLA MEDIAZIONE viene individuato oltre che nella selezione dell’organismo di mediazione concorrendo così nella misura possibile alla scelta del mediatore, principalmente in quattro fasi.
 In primo luogo, già nella selezione del metodo di risoluzione della controversia come parte essenziale del caso: la scelta del procedimento più appropriato è opportuno che sia guidata all’avvocato perché tale scelta (come quella della strategia processuale) è parte integrante di un’analisi completa e approfondita del caso.

D’altronde come sottolinea la guida del CEPEJ,tale selezione «potrebbe influire in modo significativo sulla posizione del cliente come predeterminare in anticipo o ridurre il numero di potenziali risultati finali e quindi restringere inutilmente la gamma di opzioni che sarebbero normalmente disponibili per il cliente».
 In secondo luogo, l’avvocato deve poi fornire consulenza al cliente sul corretto metodo di risoluzione dei conflitti. In questa fase è fondamentale che l’avvocato sia formato adeguatamente anche al fine di condurre un’analisi approfondita dei costi-benefici delle opzioni sui procedimenti disponibili: «in particolare, prima di intraprendere una procedura contenziosa ordinaria o l’arbitrato, è importante che il cliente comprenda quanto tempo può richiedere il processo, quanto può costare, quali possono essere i rischi connessi e qual è la probabilità di raggiungere il risultato desiderato, compresi i possibili rischi correlati alla fase esecutiva».
 E ancora, l’avvocato deve assistere il cliente al e/o al di fuori del tavolo della mediazione, e in particolare, tra le varie opzioni quella che appare più corretta e utile è quella che vede l’avvocato presente in tutto il procedimento di mediazione con il proprio cliente; si tratta ovviamente della situazione ottimale non solo per il cliente, ma anche per l’avvocato che così potrà assisterlo al meglio in tutte le fasi critiche.
 Infine, la redazione dell’accordo che compone la controversia. Invero, «un accordo raggiunto durante la mediazione deve resistere al passare del tempo. Se l’accordo è buono oggi, dovrebbe anche andare bene domani e fra tre mesi».
In questa fase il ruolo degli avvocati che hanno partecipato al procedimento diviene fondamentale poiché consente una stesura corretta e coerente delle intese conciliative.
Inoltre va rammentato che, secondo quanto previsto dalla normativa italiana, se gli avvocati sottoscrivono con le parti detto accordo certificandone la conformità alle norme imperative all’ordine pubblico, lo stesso costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. (art. 12 d.lgs. 28/2010).
Questo ultimo incombente, la redazione dell’accordo, rappresenta il momento di massimo impegno nel quale il professionista legale deve impegnare tutte le proprie competenze tecnico giuridiche e il proprio dovere nell’adempimento del dovere solenne assunto ai sensi dell’art. 8 della legge professionale forense oggi vigente e che recita proprio:

…Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad
osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento…
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L’importante è continuare a diffondere pazientemente la cultura della mediazione, consapevoli che sarà necessario un cambio generazionale perché gli operatori giuridici perdano quella mentalità statolatrica che si è affermata nell’ultimo secolo e mezzo, e gli avvocati ritornino a svolgere il loro vero compito – cavere, consulere, agere – smettendo di fungere da meri intermediari fra la parte ed il giudice (LUISO).

 

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(1) Art. 27 codice deontologico (agg. 2018) 1. L’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione. 2. L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione. 3. L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare chiaramente la parte assistita della possibilità di avvalersi del procedimento di negoziazione assistita e, per iscritto, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge. 4. L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato. 5. L’avvocato deve rendere noti al cliente ed alla parte assistita gli estremi della propria polizza assicurativa. 6. L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato e deve fornire loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice. 7. Fermo quanto previsto dall’art. 26, l’avvocato deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di atti necessari ad evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso. 8. L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato. 9. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

(2) Art. 9 codice deontologico 1. L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

3 Art. 14 codice deontologico 1.L’avvocato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.

4 Art. 26 codice deontologico 1. L’accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo. 2. L’avvocato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con altro collega in possesso di dette competenze. 3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente e violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.

 5 https://rm.coe.int/cepej-2019-9-fr-manuel-pour-la-mediation-fr/168095e1da